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Sabatini lascia: “Totti è un tappo alla crescita dei compagni”

L'addio del d.s.: «È il mio fallimento: volevo cambiare la mentalità, invece ancora si perde e si vince alla stessa maniera. La vittoria è vissuta come una possibilità, non sono riuscito a farla diventare una necessità»

Redazione

Da ieri Walter Sabatini  non è più il direttore sportivo della Roma. La sua eredità passa al fedelissimo vice, Ricky Massara, ma a tempo: «Non so che altre valutazioni farà la società».«È mancata la convocazione al Circo Massimo e mi ha provocato tristezza cupa», lo scudetto insomma. Si era illuso pure Sabatini, come migliaia di romanisti. E ora saluta: «La proprietà ha altre idee, cerca l’algoritmo vincente. Io sono un etrusco crepuscolare e solitario e credo solo a quello che vedo e sento. A volte sbaglio e prendo Piris, ma l’avere supera il dare».

Secondo quanto riporta Matteo Pinci su "Repubblica", i rapporti tra intuito e scienza naufragarono un anno fa, quando i fedelissimi di Pallotta proposero Magnanelli del Sassuolo con questa premessa: «Sbaglia meno di Strootman». Sabatini se ne va dopo aver scoperto che lo scetticismo alle sue spalle gli impediva di comprare il 20enne Boyé, finito al Torino. Invece ha ancora il 40enne Totti. Era «il sole che tramonta sui tetti di Roma», oggi 5 anni dopo «Totti è allo Zenit. Ma la sua luce abbagliante oscura gli altri. È un tappo che comprime la crescita del gruppo».

Con Sabatini va in archivio la “rivoluzione culturale” inaugurata dalla nuova proprietà. «È il mio fallimento: volevo cambiare la mentalità, invece ancora si perde e si vince alla stessa maniera. La vittoria è vissuta come una possibilità, non sono riuscito a farla diventare una necessità». Il vero fallimento, però, lo evidenzia il bilancio. Il 60% dei ricavi sono ancora i diritti televisivi, persino oltre la media della serie A. E l’84% dei 219 milioni di fatturato arrivano dall’attività sportiva: soldi delle tv e ricavi dalle partite. Gli americani promettevano di far crescere marketing e sponsorizzazioni: le ultime due voci oggi producono 10 milioni, meno del 5% delle entrate. A tenere viva la Roma, lo dice il bilancio, sono e saranno le plusvalenze.