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La Repubblica

Roma capitale: battuto il Leicester con un gol di Abraham

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I giallorossi tornano in finale dopo trentuno anni

Redazione

Serviva un imperatore a Roma per uscire dai propri incubi. Serviva José Mourinho per cancellare trent’anni in un colpo e riportare la Roma a giocare una finale europea, la quarta della sua storia, per restituire a una città anestetizzata dalla mediocrità, dalle aspettative frustrate, dalla logica del piazzamento, la voglia di inseguire un’illusione, scrive Matteo Pinci su La Repubblica. Era stato preso per questo: per urlare in faccia alla città, ma soprattutto ai giocatori, che il tempo di accontentarsi era finito.

Gli sono bastati dodici mesi esatti dal pomeriggio di quell’annuncio shock per conquistare una finale. E non è un caso che nella notte romana contro il Leicester, in un Olimpico sognante e coloratissimo, il biglietto verso la finale di Conference League a Tirana del 25 maggio lo abbia timbrato Tammy Abraham, il più mourinhano dei calciatori della Roma: lo ha coccolato nelle giovanili da manager del Chelsea, lo ha seguito da spettatore interessato ai tempi di United e Tottenham, lo ha chiamato in estate: “Be’, che aspetti? Non ti sei stancato di veder giocare gli altri?“.

“Per noi è come la Champions per il Real o il Liverpool”, dice Mourinho, “la storia della Roma è di sofferenza“.Ma l’esorcismo è compiuto. La maledizione delle semifinali perdute si spezza in una come quelle che avevano trasformato i sogni in incubi con Liverpool e United. Mourinho non ha cercato la chiave per riaprire la bacheca impolverata da 14 anni di attesa, a Trigoria. Ha deciso di scuoterla, a costo di fracassare tutto. Ciò che è rimasto in piedi, è ciò che ha usato per portare la Roma dove è oggi. A 90 minuti da un trionfo che manca da 14 anni.