rassegna stampa roma

Lo Stadio e la pretesa del premio in cubature

L'editoriale su "La Repubblica" sull'impianto di Tor di Valle

Redazione

Lo stadio di James Pallotta a Tor di Valle sta perdendo credito e velocità in una strada sempre più in salita. Gli arresti clamorosi, prima di Luca Parnasi e dell'avvocato Lanzalone, poi del presidente grillino del consiglio comunale Marcello De Vito, concorrono ad una frenata ormai da brivido, scrive Vittorio Emiliani su "La Repubblica". La variante al progetto iniziale che consentirebbe di far partire l'acquisto per 105 milioni da Eurnova (Parnasi) dei terreni dell'ex Ippodromo, slitterebbe ormai da maggio all'autunno. Come ha potuto pensare, un uomo d'affari quale James Pallotta, di poter costruire, in tempi brevi, uno stadio moderno in una zona "maledetta" dal punto di vista idrogeologico, impiccata da quello dei trasporti, da finanziare avendo quale "premio" cubature residenziali e direzionali?

Per uno stadio di sua proprietà? Dopo aver venduto in questi anni ogni elemento appena valorizzato. Una Nazionale: Allison, Benatia, Romagnoli, Marquiños, Nainggolan, Strootman, Politano, Pjanic, ecc. ecc. Il nuovo stadio come la carta magica per spiccare il volo. Con chi in campo? Per la verità nella grigia situazione italiana, anche nel vecchio caro Olimpico (2,5 milioni di affitto l’anno), la società giallorossa non se la cava male: nel 2017-2018, pur con la coda di “scioperi” di tifosi, ha incassato oltre 39 milioni di euro, alla pari col Milan, precedute soltanto dalla Juve (56,4 milioni), ma davanti all’Inter (36,7 milioni). Lontane Napoli (meno di 20 milioni), Lazio (12,2 milioni di ricavi) e Fiorentina (8,2). Certo distanti anni-luce dai ricavi di Barcellona (quasi 140 milioni), Real Madrid (123 milioni) o Manchester United (124). Società superorganizzate, da decenni. Da noi, coi problemi ancora irrisolti di violenza fuori dagli stadi, a Roma e altrove, con le famiglie costrette a tenersi lontane da uno svago domenicale a rischio, i giallorossi non se la cavano affatto male. Certo, negli altri Paesi europei la corsa agli stadi nuovi di zecca o ristrutturati è stata molto forte. Anche perché, quando erano in ballo le stesse società calcistiche (quasi ovunque tranne che in Francia dove gli impianti sportivi sono al 99% pubblici), queste hanno chiesto una parte commerciale consistente attorno allo stadio, ma niente più. Non centinaia di migliaia di metri cubi di pura speculazione, per residenze e uffici. E poi, quali titoli internazionali recenti possono vantare le società italiane? L’AS Roma in particolare? E la Lazio di Lotito che pure dice di volere un suo stadio? Per San Siro, Inter, Milan e il Comune si metteranno d’accordo se demolirlo o ristrutturarlo. Bisogna vedere quanto influiscono i vincoli della Soprintendenza sul vicino ex Ippodromo del trotto. E quanti cittadini (tanti forse) sono per la seconda soluzione ritenendo l’impianto comunale una “monumento cittadino”. Nessuno parla di “premi” in cubature. semmai di un’area commerciale.