È bastata mezz’ora da giallorosso a Sergio Oliveira per prendersi il pallone sotto braccio mentre l’arbitro Maggioni decideva davanti a un monitor che il tocco con la mano di Dalbert meritasse il rigore, scrive Matteo Pinci su La Repubblica. Palla da una parte, Cragno dall’altra. La certezza di aver trovato sul mercato almeno la soluzione ad uno dei problemi: l’unico gol dal dischetto era arrivato nel derby perso, in mezzo a una striscia di occasioni sprecate iniziata a maggio con Dzeko e proseguita in questa stagione con tre errori su quattro tiri, compresi quelli parati da Szczesny a Veretout e Pellegrini, prima a Torino e poi pure all’Olimpico. Nessuno in campo s’è stupito che il pallone l’avesse allora preso Oliveira, arrivato solo 96 ore fa: “"l primo rigorista era Pellegrini, ma ha avuto un problema nel riscaldamento". Magari per caratteristiche non è il regista che sognava e continua a sognare Mourinho, ma nei 90 minuti che ha chiuso esausto ha dimostrato di avere tutto ciò che alla Roma è mancato finora: idee chiarissime, il carisma per farsi dar la palla, per giocarla guardando la porta avversaria e non la propria, vizio invece molto diffuso tra i suoi nuovi compagni.
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