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La celebre frase di Samuel Beckett che invita a sbagliare ancora, a sbagliare meglio, non è solo la perfetta didascalia di quasi ogni vita, ma definisce magnificamente la tragicomica del rigore fallito in serie. Quanto accaduto alla Roma contro il Lille è quasi la sublimazione di una lunga storia che vede, come eroi eponimi, giocatori di indubbia grandezza come Beccalossi, Palermo e persino Pirlo. Lo scrive Maurizio Crosetti su La Repubblica. C'è del grottesco, ma anche del supremo. I campioni che ho amato, scrisse Vittorio Gassman, sono i campioni tristi: e nessuno lo è più del rigorista reietto. L'Olimpico aveva già visto qualcosa di simile in un Lazio-Napoli, un sabato di Pasqua del 1984. Facile pensare che il rigorista sconfitto sia il più fallito dei falliti, perché caduto nel buco più visibile e meno profondo nella prateria, ma è una sciocchezza. È possibile che qualcuno raccolga il cuore infranto e lo riattacchi con la colla dell'amore: accadde a Cerezo, giocatore superbo e persona stupenda, che in un giorno del remoto 1986 fallì due rigori contro l'Inter, all'Olimpico. Ma lo stadio cominciò a gridare il suo nome. Quella volta, Toninho avrà pensato che non c'è niente di più bello che sbagliare, e poi sbagliare meglio.
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