Da predestinato a esiliato, cacciato, schifato. È la parabola di Nicolò Zaniolo, scrive Piero Torri su La Repubblica. Per anni vestito con i panni da enfant prodige del calcio italiano, per poi ritrovarsi in quelli da ripudiato dal pallone che conta, cacciato dalla Roma, illuso dalla Juventus, sedotto e abbandonato dal Tottenham, corteggiato ma non troppo dal Milan, ignorato dalla Premier che conta, ambito solo dal Bournemouth, rifiutato perché io sono Zaniolo mica un Vina qualsiasi.
La Repubblica
L’enfant prodige e la sua discesa senza freni
Il risultato è che per continuare a inseguire un pallone e, soprattutto, il se stesso che fu, è stato costretto a rifugiarsi a Istanbul, casa Galatasaray, periferia, con tutto il rispetto, del calcio di prima fascia. La sua è stata una discesa senza freni. Con i consiglieri incapaci di capire la realtà. Un giocatore che da un campionato e mezzo stava inseguendo se stesso, incapace di essere semplicemente un calciatore, figurarsi il campione che gli avevano detto di essere.
Per certi versi è stato un quasi suicidio assistito. Ecco, ora toccherà a Zaniolo aggrapparsi a quel quasi ricostruirsi. Glielo auguriamo. Ma faccia di testa sua, forse solo così riuscirà a ritrovare Nicolò che poi è l’unica cosa che conta.
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