Se si gioca per non perdere, l'unico altro risultato possibile è la sconfitta, scrive Piero Torri su La Repubblica, a meno di improbabili congiunzioni astrali che storicamente non sorridono alla Roma.
La Repubblica
L’amaro destino di chi gioca per non perdere
È la sintesi del ko (quarto in campionato in dieci gare) a San Siro contro l'Inter capolista e favorita, l'ennesimo esame non superato dai discepoli di Mourinho. Per carità, la logica diceva che poteva succedere. Peraltro ci sarebbe pure qualche attenuante. Come, per esempio, aver finito la partita di Europa League il giovedì sera alle ventitré più o meno, mentre i nerazzurri avevano battuto il Salisburgo in Champions quarantotto ore prima (e qui c'è da chiedere alla società perché non abbia alzato la voce per tornare in campo di lunedì come è accaduto per Atalanta, Fiorentina e pure Lazio).
Che ci sia un problema ci pare molto chiaro e non può bastare la risposta che la Roma sia inferiore a tutte le altre. Un po' perché crediamo che non sia così dietro a tutte le altre sette, un po' perché è perlomeno contro la statistica il fatto che la squadra di Mou non sia mai riuscita a regalare un'impresa. Forse è una questione che si lega con la prima riga di questo articolo: se si gioca per non perdere, l'unica altra possibilità è la sconfitta.
E allora visto che in questa stagione di scontri diretti ne mancano ancora una marea, non sarà il caso, cara Roma, di mettere in campo un po’ di coraggio? Tanto più di perdere non si può.
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