rassegna stampa roma

Fenomeno Pjanic, la Roma ci crede. Balotelli ai minimi poi litiga con tutti

(La Repubblica – E.Currò) La guerra per lo scudetto, fin qui incruenta per il disarmo unilaterale di tutti gli avversari della Juventus Roma esclusa, si è prolungata almeno per un’altra giornata di campionato.

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(La Repubblica - E.Currò) La guerra per lo scudetto, fin qui incruenta per il disarmo unilaterale di tutti gli avversari della Juventus Roma esclusa, si è prolungata almeno per un’altra giornata di campionato.

Il merito è naturalmente dell’unica ostinata rivale, in grado di opporsi al trionfale cammino dei predestinati attraverso due armi sconosciute alle altre iscritte a questa scialba serie A: la forza difensiva e il talento puro di qualche artista, nella fattispecie di Pjanic, slalomista sempre più notevole. Ieri i discepoli di Garcia hanno ridimensionato quelli di Seedorf, smorzando assai l’effetto scenico della recente rincorsa del Milan all’Europa League e battendo, con 85 punti e 9 vittorie consecutive, il record della storia giallorossa.

Ora per la Roma si tratta di attendere il risultato altrui: aspetta di vedere se il Sassuolo riuscirà a fare inciampare la Juve, dando un senso non soltanto estetico al duello dell’Olimpico alla penultima. Invece il Milan aspetta qualcosa in più del semplice esito delle partite di Inter e Parma: il giudizio di Berlusconi su Seedorf e soprattutto il derby del 4 maggio, ormai la data limite per la sentenza sull’allenatore. Sconfitta romana è stata, e pure netta, però senza il tracollo, che avrebbe reso più vulnerabile il neofita abbandonato dal suo stesso pigmalione. La nitida differenza di tecnica, organizzazione e coesione è emersa presto. Malizia impone di rilevare anche una certa differenza tra gli strateghi: l’affiatamento e i sincronismi consolidati da Garcia hanno mascherato benissimo le assenze di Strootman, Benatia, Destro e Balzaretti.

La tattica di Seedorf, viceversa, ha obbedito all’estemporaneità, figlia forse della consapevolezza dei limiti della squadra: mutuata dalla recente impresa di Firenze, con la sola eccezione di Muntari per lo squalificato De Jong, la formazione ha delegato i contrattacchi allo stanco Kakà e al fumoso Taarabt, mentre Honda faceva l’ala molto tornante (immolandosi all’ammonizione) e Balotelli opponeva conati di fantasia agli insulti del pubblico, che lo ha subito eletto a bersaglio, fino alla sostituzione con Pazzini, da lui contestata. E alla fine Mario ha sfogato la rabbia contro i commentatori Sky («Non ho capito il cambio, forse è perché non sono un top player, come dite voi»), in particolare contro Marocchi («Non capisce niente di calcio»).

La fantasia vera l’avevano d’altronde esibita Totti, nel fazzoletto di campo dal quale disegna ghirigori preziosi, e soprattutto Pjanic. Dopo uno squisito assist, non sfruttato da Ljajic, il suo gol dell’1-0, firmato a fine primo tempo a suggello della su premazia nel palleggio, entra nella galleria dei capolavori del campionato, con la cavalcata quasi maradoniana, a superare di slancio come birilli Muntari (già ammonito, avrebbe rischiato l’espulsione), Montolivo e Rami.

È stata tuttavia la ripresa a certificare l’impotenza del Milan e la forzatura di qualche scelta iniziale, come l’esclusione dei terzini titolari azzurri Abate e De Sciglio e degli aspiranti al Mondiale Poli e Pazzini, ormai frustrati loro malgrado, con buona pace di Prandelli. Il contropiede della Roma ha fatto a fette le fasce laterali e il centrocampo. Dopo il fisiologico raddoppio di Gervinho, in lieve fuorigioco sulla respinta di Abbiati al destro di Totti, il gusto per la calligrafia ha prevalso sulla tentazione di infierire. Il che, a volte, è perfino più crudele.