Zona Cesarini o Zona Colosseo? Il finale delle romane è “hot". Come riporta Enrico Sisti di La Repubblica, Roma e Lazio si tengono alla larga dall'happy end. Una brutta abitudine, con l'Europa che non le aspetterà. Gli altri continuano a pedalare e loro crollano. Perché? C'è un invisibile dettaglio: l'insicurezza dei collettivi a cui manca un vero leader in campo. Per quei pochi minuti cruciali, Celtic e Borussia sono apparse superiori. Cosa che sicuramente non è. Ma può diventare reale se ci si impegna. Questa presunzione di decidere arbitrariamente quando la partita deve finire, in Europa non te la perdonano. Un pareggio è sempre meglio di una sconfitta. Giovedì sera Roma e Lazio hanno servito alle avversarie la loro debolezza meno quantificabile: il carattere. E quando giochi le fasi conclusive paralizzato dalla paura che qualcosa possa andar male, qualcosa andrà male di sicuro. Tutto diventa più rigido. Dal muscoli dei giocatori al viso dei tifosi. In Germania Fazio e Smalling hanno lasciato da solo Thuram nel cuore dell'area, con spazio e tempo sufficienti per colpire di testa. Solo episodi di negligenza difensiva? Potrebbe sembrare. Ma in realtà il guasto parte da molto più lontano e coinvolge le squadre nella loro globalità. le rose, le società, i tecnici e lo spirito dei loro tempi (in campo). La sconfitta all'ultima curva è mentale. Paradossalmente ancor più della Champions, l'Europa League pretende un surplus di energie nervose. Ed è sempre in agguato la sensazione che si tratti di una manifestazione più scomoda che attraente. Le italiane vorrebbero arrivare in finale senza faticare né soffrire.
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Da zona Cesarini a zona Colosseo: l’attitudine nichilista del 95′
a Roma e Lazio pesa l'insicurezza dei collettivi a cui manca un vero leader in campo
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