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Cagliari, Dessena e i lacci anti-omofobia: “Mi insultano solo gli ignoranti”

(repubblica.it) «Ho fatto solo un piccolo gesto, per una causa in cui credo. E ripeto: avere dei pregiudizi sessuali è da ignoranti».

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(repubblica.it)«Ho fatto solo un piccolo gesto, per una causa in cui credo. E ripeto: avere dei pregiudizi sessuali è da ignoranti». Daniele Dessena, difensore del Cagliari, 26 anni, una compagna, un bimbo, è stato insultato sul web per la sua scelta: mettere alle scarpette i lacci arcobaleno contro l’omofobia.

Una campagna del sito di scommesse Paddy Power con ArciLesbica, ArciGay e la Fondazione Cannavò: è rivolta a calciatori, cestisti e pallavolisti di tutti i campionati, fra i testimonial anche la barba folta dell’attaccante del Bologna Moscardelli. Qualche tifoso, sulla pagina Facebook che raduna i tifosi del Cagliari, ha reagito offendendo Dessena: «Fro..», «Pensa a giocare e fatti i c... tuoi», e così via. Lui ha risposto: «Siete degli stupidi ignoranti! Pensate al vostro lavoro e non al mio! Abbiate rispetto delle

scelte delle persone».

Dessena, si aspettava queste reazioni?

«Francamente no. Nel post partita di Inter-Cagliari ho parlato in modo spontaneo, ho spiegato che ero felice di aver dato un contributo a una causa in cui credo. I miei genitori mi hanno insegnato il valore del rispetto».

Quando ha scelto di cambiare i lacci?

«Il Cagliari il martedì prima della partita ci ha consegnato uno scatolone con le stringhe arcobaleno e ci ha spiegato l’iniziativa. A me è sembrato opportuno aderire, li ho presi e li ho messi subito. Un gesto piccolo ma significativo».

Li ha presi solo lei, però.

«Ma no, molti miei compagni erano favorevoli, solo che abbiamo dimenticato la scatola prima di partire per Milano, e io ero l’unico ad averli già cambiati. Già dalla prossima li porteranno molti altri. Tutto il Cagliari ha mostrato grande sensibilità».

Poi sono arrivati gli insulti.

«Sì, non tantissimi debbo dire. Fossero stati diretti a me in privato, non me la sarei presa, sono superiore a queste cose. Ma siccome erano contenuti in una pagina visitata da tantissimi tifosi, con una diffusione e un impatto molto ampi, ho scelto di rispondere: non potevo lasciar correre, è dannoso far passare certi messaggi discriminatori e intolleranti».

Il clima spiega la difficoltà per un calciatore a fare coming out, non crede?

«Io credo che nel mondo del calcio ci sia più solidarietà che al di fuori. Nello spogliatoio c’è un gruppo di ragazzi intelligenti e maturi, che rispettano le opinioni degli altri. Il problema è al di fuori, non mi riferisco solo ai tifosi: è la gente cosiddetta normale, in Italia, quella che incontri per la strada, che non è abituata ad ascoltare voci fuori dal coro. Non ama la diversità.

E poi, quale diversità? “Diverso” è solo un termine usato da chi vuole che tutti la pensino allo stesso modo».

Ha mai fatto politica o aderito ad associazioni?

«No, ho le mie idee, la mia formazione, ma è la prima volta che mi espongo, era una cosa piccola, mi sembrava giusto, non pensavo a tutto questo clamore. Ho imparato a non giudicare e a rispettare gli altri. Mio fratello, che gioca portiere,

si è complimentato. Ho avuto attestati di stima da ogni parte d’Italia e da tutta la Sardegna. Ma cosa c’è di strano, in fondo?».

Pensa o teme di diventare un simbolo o un bersaglio?

«Ma no, io faccio il giocatore e voglio essere giudicato solo per quello. Dirò sempre quello che penso. E ho fatto un gesto normalissimo: mi sono solo