(repubblica.it - M. Pinci) - Schiava del proprio gioco e di risultati costantemente in altalena tra cielo e polvere. La Roma di Luis Enrique, uscita da Siena con la decima sconfitta stagionale in tasca e la certezza di aver sciupato l'ennesima occasione fornita da un campionato in costante ritardo, per risalire in corsa sul treno per la Champions League.
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Ancora un passo indietro. E Luis perde la pazienza
(repubblica.it – M. Pinci) – Schiava del proprio gioco e di risultati costantemente in altalena tra cielo e polvere. La Roma di Luis Enrique, uscita da Siena con la decima sconfitta stagionale in tasca e la certezza di aver sciupato...
È bastato il viaggio a Siena per rimangiarsi i sorrisi elargiti da tecnico e dirigenti dopo il 4-0 all'Inter. Esattamente come le sconfitte con Juve e Cagliari avevano cancellato le 4 vittorie di fila a cavallo tra 2011 e 2012. Ora il terzo posto della Lazio è scappato a 7 punti, l'Inter è ancora avanti, l'Udinese sempre lontana. Persino il Napoli è tornato prepotentemente a ridosso di una Roma che, se il campionato finisse in questo momento, guarderebbe l'europa della prossima stagione dalla finestra di casa propria.
LUIS CAMBIA: CRITICHE ALLA SQUADRA - Anche Luis Enrique, adesso, inizia a perdere la pazienza. Soltanto 12 giorni fa, dopo il crollo certamente più fragoroso a Cagliari, l'allenatore asturiano aveva equamente diviso le responsabilità, puntando l'indice prima di tutto su se stesso: "La colpa è dell'allenatore e dopo della squadra". Musica completamente diversa ieri a Siena: "Tanti giocatori hanno giocato sotto il loro livello, quello che in settimana proviamo e bene in campo viene fatto male". La prima volta, in senso assoluto, in cui lo spagnolo ascrive le responsabilità di una debacle ai suoi uomini. Un primissimo cambio d'orientamento nel pensiero del tecnico, da baluardo della squadra a analitico giudice delle responsabilità altrui. Non era accaduto in estate dopo il tracollo con lo Slovan Bratislava, nemmeno dopo il 3-0 a Torino con la Juve. Una crepa nella fiducia del tecnico verso la squadra? Forse, anche se certo non reinterpreta la realtà di una disfatta nata soprattutto nelle difficoltà dei singoli: la Roma, più che nel modulo, è mancata nelle individualità. Appena due tiri nello specchio della porta in 96 minuti di gioco: con Lamela su punizione dopo mezz'ora e con Borini al 36' della ripresa. Difetti emersi già nella prima parte della stagione e mai davvero cancellati, anche contro una squadra in piena lotta per non retrocedere.SCHIAVI DELLE ASSENZE: AL LAVORO PER 4 GRANDI COLPI - Ma al di là dei propri limiti, la Roma di Luis Enrique è fortemente schiava dei singoli. Soprattutto degli assenti, a cominciare da Daniele De Rossi. Il rendimento senza il regista della nazionale è eloquente: in 8 gare da Bratislava a Siena, appena 7 punti, con 3 sconfitte, un pareggio (inutile) proprio con lo Slovan all'Olimpico, 3 pari in campionato tra cui la gara spezzata di Catania e una sola vittoria, quella dilagante col Cesena all'Olimpico. Impossibile far fronte all'assenza dell'uomo - regista, mediano, difensore aggiunto - intorno a cui ruota la manovra di Luis Enrique. Che, semmai, paga la volontà di non cambiare anche di fronte alle assenze di uomini così decisivi, De Rossi appunto, ma anche Osvaldo e Burdisso: talebano delle proprie idee, lo spagnolo è naufragato inseguendo il possesso palla anche senza gli uomini per farlo. Anche per aiutare il proprio allenatore ad inseguire la propria utopia, su Trigoria è già appeso il cartello "lavori in corso" per migliorare la Roma. Sabatini da almeno un paio di settimane è in campo sottotraccia per individuare "4 elementi di grande livello": l'obiettivo del club per il mercato dell'estate romanista. A partire da due esterni di qualità.FASTIDIO PER IL POST PARTITA SU TWITTER - Intanto, però, si fanno i conti con i presenti: oggi la squadra resterà a riposo come da abitudine dall'arrivo di Luis. Domani, però, sarà come sempre il momento del confronto. Anche con i dirigenti: a Kjaer, ad esempio. Il club ha gradito poco (eufemismo) il suo messaggio su twitter di ieri sera al termine della partita: "Non era rigore, sono frustrato. Mi sento truffato". Sia per il contenuto, che stride con la volontà del club di non commentare le decisioni arbitrali, sia per la forma. "Non era il momento per scrivere queste cose", ammettono da Trigoria. Dove, mesi fa, avevano già chiesto di limitare all'indispensabile i pensieri sui social network, pur senza imposizioni di sorta. Domani, a Kjaer, verrà ribadito come, soprattutto dopo figuracce così, il silenzio possa essere un tesoro.
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