Carlo Delfini stava sempre in campo. Guardava i ragazzi allenarsi o giocare, indossava la tuta, una maglietta, gli scarpini di una volta, aveva un fischietto in bocca e qualche pallone fra le mani. È morto ieri, forse con una sciarpa al collo. Tra i piccoli che vennero su con lui alla Lodigiani uno si chiamava Francesco Totti. Era arrivato dalla Smit Trastevere e prometteva come nessun altro. "Ma se po’ sapé che te frega", gli diceva papà Enzo, "mica vorrai fa’ er carciatore…!". No, per carità. Delfini però l’aveva puntato. Volevano fargli mettere muscoli: "Ma no, per quelli c’è tempo", diceva. Totti fu uno di quelli che Carlo allevò senza clamore, come Candreva, Toni, Di Michele, perché il clamore non faceva parte del suo stile. “Checco” sarebbe presto andato via: "È questo il nostro compito: allevare e non poter trattenere", ripetono sempre i tecnici delle giovanili. È la loro dannazione. Come riporta Enrico Sisti de La Repubblica Delfini se n’è andato mentre ancora gestiva gli Under 14 della rifondata Lodigiani (ora in Prima Categoria) con i suoi modi da “pozzolana” (mista a erba) che regnava una volta nel mitico e ritrovato “Francesca Gianni”. Modi e spirito, quelli di Delfini, che ci ricordano i Mikasa e le romantiche scivolate sui “serci”. Non era ancora tempo di erbe sintetiche.
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Addio a Delfini, il primo tecnico di Totti
Alla Lodigiani allevò il giovane campione più Candreva e Toni. Diceva: “Fare muscoli? Per quelli c’è tempo”
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