rassegna stampa roma

Tacopina: «As Roma, tourneé e università»

(Il Romanista – D.Galli) – Italia-Usa. È stata una partita speciale. Lo è stata per l’As Roma e lo è stata per i romanisti doc, i figli di Testaccio che si identificano nella proprietà americana nel sogno di un modello vincente e...

Redazione

(Il Romanista - D.Galli) -Italia-Usa. È stata una partita speciale. Lo è stata per l’As Roma e lo è stata per i romanisti doc, i figli di Testaccio che si identificano nella proprietà americana nel sogno di un modello vincente e nella realtà di una società ora strutturata, complessa e soprattutto cool. Gagliarda.

Ma lo è stata anche per i romanisti adottati, i manager in giacca, cravatta e spilletta della lupa. Ragazzi dallo sguardo forte e lo slang di New York, avvocati rampanti come lui. Come Joe Tacopina.Il vicepresidente dell’As Roma ha confermato l’esistenza di precisi programmi di sviluppo del club: «Ci sarà parecchio lavoro da fare, ma l’azienda di Jim Pallotta è la migliore nel suo campo». Per la società sarà fondamentale cercare di incrementare i ricavi. Ricavi attualmente in netta flessione. Colpa, principalmente, dell’assenza del club dalla Champions. Stando alla semestrale approvata ieri dal Cda con un passivo di 27,2 milioni, la società ha perso circa 14 milioni solo per i ricavi da gare. In assoluto, i ricavi consolidati sono stati pari a 47,3 milioni, contro i 72 registrati dopo i primi 6 mesi dell’esercizio 2010-2011. (...)

Che importanza ha secondo lei Italia-Usa?Ha molta importanza, perché ogni volta che gli Stati Uniti giocano contro l’Italia, questo fa automaticamente alzare il profilo del gioco del calcio in America. È una opportunità per dimostrare che si può giocare contro i migliori del mondo. Il gioco del calcio negli Stati Uniti è diventato, per quanto riguarda i giovani, lo sport numero uno, ancora più popolare di baseball, basket e football. Ogni giorno diventa più importante e più seguito.

È un po’ una sorpresa per noi italiani sapere questo...Non dimenticherò mai quando mi recai in Germania con i miei tre figli per vedere le partite degli Azzurri alla Coppa del Mondo del 2006. Andammo anche a vedere gli allenamenti dell’Italia e ricordo quando Marcello Lippi, dopo aver vinto la finale, mi disse che la partita più difficile per l’Italia era stataquella contro gli Stati Uniti. Credo che quella partita abbia dimostrato che la nazionale poteva giocare davvero ad alti livelli.

Che cosa trova di positivo in modo particolare nell’Italia?Abbiamo un’ottima difesa, un buon centrocampo e finalmente stiamo sviluppando anche degli ottimi attaccanti, credo che quello fosse il problema principale dell’Italia negli ultimi anni.

A proposito di calcio americano e italiano, secondo lei la differenza è dal punto di vista dell’approccio sportivo o è una differenza in termini di popolarità di massa?Ritengo che ci sia una grande differenza in termini di approccio sul campo. Gli americani sono certamente giocatori di talento, su questo non c’è dubbio. Quello che non hanno è un buon sistema di allenatori capaci, un sistema che capisca le sottigliezze del tipo di gioco. Quando osservi giocare gli italiani, o qualunque grande squadra europea, è come un’arte. Il modo con cui gli europei controllano e gestiscono la palla è diverso. Lo stile americano è ancora grezzo, più fisico e aggressivo. Ma non è uno stile artistico come quello che hanno i giocatori italiani. In definitiva, non è bello guardare una partita americana come lo è guardare una europea. Questa è la differenza fondamentale.

Ci sono giocatori americani che suggerirebbe a qualche club italiano?Ci sono dei buoni giocatori nella squadra nazionale americana. Dal punto di vista storico i nostri migliori giocatori non hanno fatto molto bene all’estero. Penso a Donovan o a Dempsey ad esempio. Ci sono attualmente dei bravi giocatori, ma non hanno ancora sviluppato il talento giusto. Ma credo che il momento perché sbocci in America il vero talento stia per arrivare. In Italia poi c’è già Michael Bradley, gioca nel Chievo, è molto bravo.

Che cosa pensa che la cultura americana e il vostro spirito imprenditoriale possono dare al nostro calcio? Il mio impegno negli ultimi cinque o sei anni è stato quello di portare gli americani verso il calcio italiano, il motivo è dato dalla mia grande passione per il calcio italiano, per l’Italia e per la città di Roma. Credo ci sia una opportunità incredibile.

Quale?Non c’è alcun altro posto al mondo dove il calcio sia importante come in l’Italia. Ci sono altri Paesi, ad esempio l’Inghilterra, dove i fan sono molto appassionati, ma non credo esistano Paesi dove una partita di calcio significhi così tanto come l’Italia. Fa parte della fibra del tessuto popolare. Il problema italiano riguarda gli stadi, che sono piuttosto vecchi e non accoglienti. In America andare allo stadio è un evento di famiglia, ci si va a pranzo, si compra il merchandise, non è solo andare a vedere la partita.

L’Italia è ancora lontana anni luce...Diciamo di sì. Purtroppo l’approccio italiano al sistema sportivo dal punto di vista del business mostra ancora tanti limiti. Ciò che importa in Italia sono tre cose: i media, il giorno della partita e gli incassi commerciali. In Italia il 75% dello spazio è coperto dai media, poi c’è molta importanza per il giorno della partita, ma molto poco riscontro commerciale. Non è un bilanciamento sano, questo, e molte squadre ci perdono dei soldi.

Come cambiare questa impostazione? Il discorso non è far guadagnare i proprietari dei club, ma con l’attuale impostazione le squadre sono in pericolo e questo colpisce anche i risultati sportivi. C’è da cambiare parecchio in Italia da questo punto di vista.

Ci dica qualcosa del "Progetto Roma": come verrà presentato negli Stati Uniti? Tutto quello che ho detto prima, ci sarà parecchio lavoro da fare. L’azienda di Jim Pallotta (socio principale della DiBenedetto AS Roma LLC, che tramite Neep Roma Holding controlla l’As Roma, ndr) è la migliore nel suo campo. Stanno facendo ottime cose. Per la prossima estate ci sarà una tournée della Roma negli Stati Uniti con tre incontri di alto livello. Le scuole calcio faranno parte di questo progetto. Stiamo studiando di aprire delle università del calcio chiamate "A.S. Roma" e "North America" che saranno strettamente legate fra di loro. Non solo per il nome, ma con uno sforzo lavorativo comune.