rassegna stampa roma

StraRoma!

(Il Romanista – T.Cagnucci) Verrebbe da scrivere che Totti è Dio, che non ha segnato il gol che prende Meazza al Meazza perché certi paragoni per lui sono sprecati, visto che si merita un paragone più alto, visto che è Dio.

Redazione

(Il Romanista - T.Cagnucci) Verrebbe da scrivere che Totti è Dio, che non ha segnato il gol che prende Meazza al Meazza perché certi paragoni per lui sono sprecati, visto che si merita un paragone più alto, visto che è Dio. Che Marquinho ha fatto un gol come Tostao, che il gol di Osvaldo è più rock di Mick Jagger, che gli interisti se ne sono andati da San Siro a venti minuti dalla fine e che poco dopo si sentivano gli olè romanisti al palleggio fra Osvaldo e Cangelosi; che un ragazzino che ha il cognome dei fiori sbocciato alla Roma quando aveva dieci anni e che oggi guadagna quarantamila euro all’anno ha segnato il suo primo gol all’esordio da titolare in serie A e che dopo era contento come quando aveva quei dieci anni, dieci anni fa. Che il vero Rodrigo in campo era Taddei e non Palacio, che Castan assomiglia a Jim Carrey e se lo lasci ti cancella, che è primavera pure se piove, che Milano era Giamaica ieri come negli Anni 80 quando la Roma era un inno anche nella vita e nei concerti.

Che Zeman è un maestro e che Stramaccioni è ora che cominci almeno a leggere il libro di tattica che gli aveva chiesto di scrivere anni fa, che la Roma di Zeman ha appannato gli occhiali (oltre che i denti) a Massimo Moratti, che Branca vada a ripetizioni di mercato da Sabatini (più che copiarlo), che il 3-1 poteva essere 7-1 e San Siro il nostro Old Trafford alla rovescia, che la Roma è forte e vincerà. Tutto. Verrebbe poi da esagerare senza dimenticare che Zeman qui non vinceva da quando c’era ancora la Cecoslovacchia e da quando la Juve si comprava le partite coi telefonini (lì mi sa che il tempo s’è fermato).

Verrebbe da ricordare chi diceva che Totti è finito, che a sinistra proprio non può giocare, che a sinistra lui proprio non ci vuol giocare, che Baldini s’è dimesso, che gli americani sono "grechi" come le olive perché non c’hanno i soldi, che Stekelenburg non è un portiere zemaniano e che Zeman non è un allenatore, che forse non è proprio un portiere (sarà forse una mezzala brasiliana?), che c’è il "ballottaggio" con Lobont e con Zoff, che senza Bojan non si può giocare al calcio, che Bojan è più forte di Ibrahimovic e adesso il Milan di Krkic chi lo ferma più, che Tachtsidis non può giocare in una squadra come la Roma, che Borini è meglio di Destro, che Zeman è vecchio e finire qui con una rima baciata e sbagliata.

Verrebbe da ricordare, dire, baciare, lettera e testamento eccetera ma non è il tempo dei rancori. Forse la vittoria più grande, persino di questo tre a uno che brilla di notte è stato lo striscione fatto dagli interisti (cioè dai laziali) (o viceversa?) in onore di Zeman e che fa davvero effetto, ti fa capire che in un anno soltanto hai costruito non qualcosa ma tanto. Che una gioia così non è giusto sprecarla in un eccesso, buttarla via in urlo, che stamattina è importante tenersi il sapore dolcissimo di una domenica speciale che sa d’inizio di qualcosa che stavolta si può sognare. D’altronde sono le parole di Totti: «Adesso rimaniamo con i piedi per terra». Rendiamo grazie a Dio.