rassegna stampa roma

Sbandati

(Il Romanista-S.Romita) Dove si sarebbero seduti, con Luis Enrique, Omar Sivori con i suoi riti propiziatorii e il suo tremendo carattere, Gigi Meroni che girava per Torino in pelliccia e con una gallina al guinzaglio, Manè Garrincha il timido,

Redazione

(Il Romanista-S.Romita) Dove si sarebbero seduti, con Luis Enrique, Omar Sivori con i suoi riti propiziatorii e il suo tremendo carattere, Gigi Meroni che girava per Torino in pelliccia e con una gallina al guinzaglio, Manè Garrincha il timido,

a cui le regole però toglievano il fiato, o anche solo, per restare ai giorni nostri, il monumentale Ibrahimovic dallo schiaffo sempre in canna?

 

Daniele De Rossi ha preso posto in tribuna. E’ stato cattivo. E gli spalti, si sa, rappresentano la lavagna dietro alla quale si accomodano i giocatori indisciplinati. Tutti si sono mostrati dispiaciuti di dover prendere questa decisione ma tutti l’hanno chi più chi meno condivisa. E anche noi, che abbiamo affidato la guida della nostra passione vitale a Lucho afffinché costruisca (siamo ancora molto lontani però) un gruppo compatto, una squadra vera, una Roma da ciclo storico, dobbiamo condividere. (...) Ci preoccupa l’importanza data alla riunione tecnica. De Rossi è arrivato tardi e, redarguito, avrebbe replicato in modo antipatico. I metodi però non si discutono e la reazione di un big al giusto richiamo di Enrique non può fare da apripista. «Se tolleriamo lui - deve aver pensato l’allenatore - chiunque potrà mandarmi a quel paese, e questo sgretolerebbe il gruppo e le regole». Giusto. Giustissimo.

Noi però siamo preoccupati per tutti gli altri. Quelli cioè che alla riunione tecnica erano presenti fin dai primi minuti. Che cosa hanno capito? Come credevano di dover giocare? Possibile che Enrique abbia detto loro di restare immobili quando gli avversari attaccano? Di entrare sempre sul portatore di palla fuori tempo? Di giocare tutti a zona e senza il minimo pressing? Di far scattare prima il nerazzurro per capire dove vuole andare e poi rincorrerlo? Pensiamo proprio di no. E pure Enrique, benedetto figlio asturiano giallorosso, come può pensare che - assente De Rossi - la difesa non debba giocare più arretrata e accorta? Lo stordimento di Juan e Rosi, le decine di errori sciocchi di Pjanic, e anche di Gago, i nervosismi e le espulsioni non hanno nulla a che vedere con le decisioni disciplinari prese con De Rossi. E questo è ovvio. Ma non è vero che tutti i giocatori sono uguali. Lo sono davanti al dovere di rispettare le regole. Ma non con il pallone tra i piedi. Non faccia Sacchi Luis Enrique, e soprattutto non parli con leggerezza di una Roma che ha vinto tre campionati in tutta la sua storia, come a significare che non siamo abituati alla mentalità vincente.

Se non ci avessero fermato altri poteri avremmo, in quegli anni, vinto ripetutamente. E con squadre dal gioco individuale e collettivo travolgente. Ecco, diciamo che per il gioco di Enrique mancano ancora diversi giocatori giusti. E più forti degli attuali. Speriamo di poterceli permettere in futuro. Ma il futuro prossimo dice derby. Dice rivincita sulla delusione. Dice correre come pazzi, e credere di essere sempre in gara. Se si prendono due gol e si pensa di stare già sotto la doccia non c’è modello Barça che tenga. In barca ci si va. Ma alla deriva. Come un gruppo di naufraghi sbandati. Dal momento che non lo siamo, facciamolo capire presto. Che le giornate del calendario calcistico si stanno accorciando. Mentre si allungano le altre.