( Il Romanista - M.Izzi)- L’appuntamento con Giorgio Rossi è a Piazza San Giovanni Bosco, ore 15 in punto.
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Rossi: «Roma regalami un sogno»
( Il Romanista – M.Izzi) – L’appuntamento con Giorgio Rossi è a Piazza San Giovanni Bosco, ore 15 in punto. Obiettivo? Un’intervista al mitico massaggiatore romanista per celebrarne il compleanno.
Obiettivo? Un’intervista al mitico massaggiatore romanista per celebrarne il compleanno.
A proposito Giorgio, quanti sono quest’anno?
83 - dice con un largo sorriso - come il mio primo scudetto.
Ottantatré anni ben portati,mi permetto di osservare, ma sono proprio come te li aspettavi?
Sì. Sono pienamente soddisfatto e ringrazio Dio di tutto quello che ho avuto e ho.
Giorgio, questa tua ricorrenza, con il numero magico ottantatrè, arriva in un periodo favoloso della Roma, l’hai mai seguita all’Olimpico?
E’ un momento bello, talmente tanto bello che da scaramantico incallito mi sono detto: “Lasciamolo stare così, non voglio rompere l’incanto”. Sono sempre sul punto di andare a vederla, ma finisco per sentire la mia voce che dice: “Ne hanno vinte tante così, aspetta ancora un po’ ”. Sono scaramantico come ti ho detto.
Che poi, a dire il vero, all’inizio non ero così, questo vezzo me l’ha attaccato Ernesto Alicicco che aveva tutta una serie di rituali. Il più buffo forse, quando si vinceva e pretendeva che rientrando in campo dopo l’intervallo si camminasse piano, piano. Poi ti dava una spintarella e la procedura era terminata. Va bene,ma il maestro estremo della scaramanzia era Liedholm. Confermo. Una volta ad Avellino gli fecero trovare 20 mazzi di fiori dentro lo spogliatoio. Il Barone li odiava. Mi chiamarono di fretta e furia: “Giorgio falli sparire”. Mi chiusi nel gabinetto e li feci a pezzi. Poveri fiori.
Ti è mai capitato, a livello giovanile, di vedere una striscia vincente così fenomenale come quella che stiamo vivendo in questa stagione?
No, neanche a livello giovanile …. no, aspetta, capitò con la grande Primavera dell’inizio degli anni 70, quella di Piacenti, Sandreani e Di Bartolomei per intenderci. L’allenatore era Giorgio Bravi. Fecero un filotto favoloso, perdemmo solo una partita a Perugia. Quella era una squadra impressionante, con Francesco Rocca che andava come un treno e alla fine del primo tempo gli allenatori avversari erano costretti a sostituire il suo avversario diretto, perché aveva la lingua di fuori. Una volta arrivato in prima squadra la musica, per Francesco, non cambiò. Cordova una volta, scherzando gli disse: “Non correre così che quando crossi non c’è nessuno”.
Quale pensi sia il segreto della Roma di Garcia?
Vedendola dall’esterno, credo che il Mister sia stato molto bravo a prendere bene i ragazzi dal punto di vista caratteriale. E’ come una chioccia per la squadra, i suoi giocatori si sono sentiti protetti. Poi parla poco e fa i fatti. Un pregio che nel calcio non ha prezzo.
Lo scorso anno, dopo una milizia senza precedenti hai deciso di andare in pensione.
Cosa ti manca di più?
La squadra, le vicissitudini che affronta, e ancora la preparazione della partita. Anche se, lo devo dire, malgrado abbia ormai lasciato il “servizio attivo”, la domenica mi sento ancora in campo. Ci sono lo stesso, avverto le medesime tensioni, mi torna in mente tutto, è un riflesso automatico. L’infortunio di Francesco Totti.Voglio il parere di un “mago” dei muscoli quale tu sei. Non conosco nel dettaglio la natura traumatologica di questo infortunio, però conosco Francesco, la sua grande cultura del lavoro e la sua feroce determinazione nel mettersi al servizio della nostra amata Roma. Questo per dire che brucerà i tempi. Secondo me lo vedremo in campo prima di quanto possiamo sperare.
Parliamo di alcuni personaggi che ti portano nel cuore, entrambi vivono un momento particolarmente felice, Eusebio Di Francesco e Daniele De Rossi.
Sì, Eusebio, dopo una partenza fisiologicamente difficile, sta confermando con il suo Sassuolo di essere un grande tecnico e comincia a cogliere risultati eccellenti come la vittoria con il Bologna. Gli ho telefonato per “Sant’Eusebio”, è stato contentissimo. Mi ha detto: “Quando torno a Roma ti vengo a trovare”. Anche con Daniele ci siamo sentiti. E’ esploso come ai Mondiali del 2006, ha la stessa grinta e la stessa forza.
Per me vederlo in queste condizioni è una gioia indescrivibile.
Dei nuovi chi ti ha colpito di più?
Tutti, però non ti nascondo che Maicon fisicamente è in una condizione che mi ha ricordato Sebino Nela, mentre De Sanctis è stato eccezionale. Un portiere con una grande grinta che in area sa farsi rispettare. Per me un grande portiere.
Dell’ultimo derby che mi dici?
E’ stato un sogno. Un sogno di una notte di mezza estate che ho vissuto in casa di amici.
Giorgio dammi 5 nomi per questi quasi 70 e passa anni di Roma che hai vissuto da tifoso e da protagonista.
Che te possino, solo cinque nomi? – segue una pausa infinita – Mi fai soffrire, è una cattiveria. Però inizio da un personaggio che forse a volte è un poco dimenticato, il Cavalier Biancone. Era il primo ad arrivare in campo e l’ultimo ad andarsene, malgrado il suo ruolo di dirigente lo lasciasse libero di fare quello che reputava opportuno. Non tralasciava niente. Poi, magari sono sfacciato, ma lo dico: “Mi voleva bene”.
Proseguiamo.
Dico Bruno Conti e Aldair. A bruciapelo mi ricordo un periodo in cui Bruno non giocava. Suo figlio Daniele che era piccolo, vide Eriksson e gli chiese: “Perché non fai giocare papà?”. Mi si strinse il cuore, perché Bruno era un fenomeno vero. Aldair, lo sanno tutti, per me era come un figlio. Una volta mi chiamò perché aveva comprato una macchina e voleva che io sorvegliassi che tutte le pratiche erano state fatte per benino. “Ma c’ho gli anni di Noè!”. Avevamo una fiducia reciproca assoluta.
Gli altri due nomi.
Totti … me lo rivedo ancora bambino, che si arrabbiava perché mamma Fiorella doveva aspettarlo fuori da Trigoria e lui era preoccupato per lei. La soffriva molto questa cosa. Poi Daniele De Rossi. Ero con lui quando vide sua figlia Gaia per la prima volta. Sono cose che non si dimenticano … però un altro nome te lo faccio di prepotenza: Agostino Di Bartolomei. Ce l’ho nel cuore.
Il tuo rapporto con i tifosi oggi.
Bellissimo, mi fermano, mi chiedono ancora l’autografo. Poi seguo le attività del Roma Club Eur Torrino, le iniziative benefiche e quelle culturali. Tra poco, tutti insieme visiteremo i musei vaticani, perché il tifo della Roma è cultura con la c maiuscola.
Quale regalo vorresti dalla Roma?
Lo scudetto.
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