rassegna stampa roma

Ritrovare la Roma

(Il Romanista – C.Fotia) Lourdes, Santiago De Compostela, la Madonna delle Grazie. Se dovessimo giudicare dalla partita di sabato sera contro la Juventus, che ci ha dominato in modo umiliante, per ritrovare la Roma sparita, non sembrerebbe...

Redazione

(Il Romanista - C.Fotia) Lourdes, Santiago De Compostela, la Madonna delle Grazie. Se dovessimo giudicare dalla partita di sabato sera contro la Juventus, che ci ha dominato in modo umiliante, per ritrovare la Roma sparita, non sembrerebbe restare altro da fare che sperare in un miracolo.

Siccome, però, quella partita è troppo brutta per essere vera e tuttavia è realmente esistita, come i peggiori incubi che diventano realtà nell’ horror movie, da lì occorre ripartire, per cambiare subito quel che va cambiato. Siamo certi che Zeman, Sabatini e Baldini siano non meno preoccupati e arrabbiati di noi e che meglio di noi sappiano quel che c’è da fare e siamo certi che lo faranno. Noi, tuttavia, per il ruolo che ha questo giornale non possiamo che interpretare il grido di dolore che sale dal popolo romanista. Tutto, perché, a differenza di quanto accadde lo scorso anno con Luis Enrique, il boemo è stato, giustamente, accolto da un unanime coro di consenso che ora rischia di trasformarsi non tanto in dissenso aperto, che è il sale della vita, quanto in delusione, frustrazione, rabbia impotente. E allora il bandolo della matassa deve essere trovato. Dico la mia, con molta umiltà e senza alcuna pretesa di essere nel giusto. I nodi mi sembrano tre: 1) La mentalità; 2) Il giuoco; 3) I giocatori.

1) Mi sembra evidente che questa squadra, soprattutto nei suoi giocatori più giovani, è priva di carattere: non aggredisce, si contempla spesso e appare smarrita quando deve reagire. Il talento da solo non basta, serve tanta determinazione, come quella che mette Florenzi in ogni pallone sul quale si avventa.

2)Non è che non si veda il tipo di gioco che vuole Zeman, non si vede proprio nessun tipo di gioco: squadra lunga, niente tagli e sovrapposizioni, manovra lenta e scontata, con lanci lunghi che invece di essere veloci cambi di gioco che mettono in difficoltà l’avversario diventano scontate telefonate alle quali gli avversari rispondono con tranquillità. Dunque, una squadra concepita per attaccare non solo non attacca, ma neppure aggredisce quando perde il pallone né su chiude quando deve subire. Si apre semplicemente come il burro. Colpa della difesa? Sì. Ma, andando forse un po’ controcorrente, io credo che il problema principale sia a centrocampo, è li che la Roma non aggredisce i portatori di palla avversari (lo spazio lasciato a Pirlo è da manuale del calcio al contrario: se non pressi, uno come lui, che è già uno dei più forti del mondo in quel ruolo, diventa Dio in campo); è li che non riparte velocemente.

3) E così veniamo ai giocatori “sopravvalutati” di cui parla Sabatini. E su questo bisogna fare chiarezza. Si tratta di Stekelenburg? Di Piris? Di Tachtsidis. Sul portiere io credo che non si possa dare un giudizio finchè la Roma giuoca così: è chiaro che ha responsabilità sul gol contro il Bologna e sulla punizione di Pirlo, ma quando, esattamente come avveniva lo scorso anno, gli avversari ti arrivano in area in tanti, cavalcando come gli Unni di Attila, un portiere può fare ben poco: prima o poi il gol arriva. La bocciatura di Piris, è evidente, avendo Zeman mandato in campo Marquinos fuori ruolo piuttosto che rischiarlo. In quel settore la Roma non può ancora tirare avanti come Samuel Beckett, “Aspettando Dodò”. Ci si metta qualche pezza e per gennaio si torni sul mercato per trovare un titolare sulla fascia destra almeno del livello di Balzaretti. Il centrocampo senza il miglior Pjanic al fianco di De Rossi e Florenzi, con Bradley subito dopo, da risorsa straordinaria diventa un problema. E qui, per fortuna, l’alternativa è in casa. Quanto all’attacco, anche in questo caso le alternative sono in casa: Destro, Osvaldo, Totti, e Lopez e Lamela dietro sembra la scelta migliore. Nessuno mette in discussione, non io, le qualità del talento argentino ma finché non trova grinta e continuità, il tridente pesante sembra la scelta migliore. I giornali la mattina dopo che sono stati stampati sono buoni per incartare il pesce, diceva il mio maestro Luigi Pintor (che per altro da giovane aveva giocato a calcio in porta) per invitarci all’umiltà necessaria di un mestiere che spesso si dipinge come titanico. Non dubito che anche quanto appena scritto servirà al nobile scopo ma, se nel frattempo, qualcuno della Roma ci spiegherà cosa hanno in mente per uscire da questa assurda situazione, saremo contenti lo stesso.