rassegna stampa roma

Razzismo, pure in Italia possibile lo 0-3 a tavolino

(Il Romanista – B.De Vecchi) Il caso-Juan ha scandalizzato l’Europa. I mass media hanno dato ampio risalto alla notizia degli ululati razzisti della Curva Nord al derby verso il difensore brasiliano della Roma.

Redazione

(Il Romanista - B.De Vecchi) Il caso-Juan ha scandalizzato l’Europa. I mass media hanno dato ampio risalto alla notizia degli ululati razzisti della Curva Nord al derby verso il difensore brasiliano della Roma.

La Uefa vorrebbe il pugno duro. Nelle proprie competizioni, il governo del calcio europeo obbliga il direttore di gara a sospendere gli incontri quando una tifoseria si renda responsabile di atti di razzismo. Peccato che le federazioni, invece, ignorino quello che dovrebbe essere un principio di civiltà, prima ancora che una norma del codice di giustizia sportiva. L’Inghilterra è un’isola felice. O almeno, lo è diventata recentemente. Prendete Suarez. Il giocatore del Liverpool viene squalificato per otto turni per non aver voluto stringere la mano a Evra dello United. Una vergogna punita severamente dalla Football Association, perché a Londra e dintorni non amano le mezze misure. Esattamente l’opposto dell’Italia. Al derby, Bergonzi avvicina Mauri per chiedergli di far cessare gli ululati, il centrocampista annuisce e poi pensa solo a difendere la porta di Marchetti.

Il City, invece, denuncia il Porto alla Uefa per i cori dei tifosi contro Touré e Balotelli. Altro caso: Capello. L’ex tecnico romanista si dimette da Ct dell’Inghilterra per colpa (si fa per dire) di Terry, che insulta il colored Ferdinand del Qpr. Ma in Italia sarebbe possibile interrompere la partita? Assolutamente sì. La sospensione della partita in presenza di cori razzisti, e il conseguente 3-0 a tavolino laddove non si possa più proseguire, non è prevista solo dall’articolo 5 del Regolamento del gioco del calcio, che attribuisce la facoltà all’arbitro di fermare il match quando interventi esterni ne impediscano la continuazione, ma anche dall’articolo 62 comma 6 delle Norme Organizzative Interne della Figc: «Il responsabile dell’ordine pubblico il quale rileva uno o più striscioni esposti dai tifosi, cori, grida ed ogni altra manifestazione discriminatoria costituenti fatto grave, ordina all’arbitro, anche per il tramite del quarto ufficiale di non iniziare o sospendere la gara».

Ci sono dei precedenti nel nostro Paese. Maggio 2009, la Juve deve giocare a porte chiuse contro l’Atalanta. Sette mesi dopo, gennaio 2010, viene chiusa la curva bianconera proprio per la partita di Coppa Italia con la Roma. La ragione? Balotelli. O meglio, i cori contro l’allora attaccante dell’Inter. Ottobre 2010, Cagliari-Inter. D’accordo con il responsabile per la sicurezza del Sant’Elia, Tagliavento chiama a sé i capitani delle due squadre per i buu a Eto’o. Li avvisa. A quello della squadra sarda dice: o riuscite a fermarli voi o li fermo io. In precedenza c’era stato un altro caso grave. Quello di Zoro. Il giocatore del Messina viene bersagliato dagli ululati degli interisti. L’arbitro sospende il match. Ma solo per qualche minuto. Poi lo riprende e l’Inter se la cava con una multa. Questa è l’Italia. (...)