(Il Romanista - M.Izzi) - Tutto è iniziato in modo molto ruspante, in un periodo della storia del calcio,
rassegna stampa roma
Quando Falcao divideva il suo tavolo con Franco Citti
(Il Romanista – M.Izzi) – Tutto è iniziato in modo molto ruspante, in un periodo della storia del calcio,
gli Anni 20 e 30, in cui tutto era infinitamente più semplice. Le cene erano all’ordine del giorno e, udite, udite, non esistevano barriere tra tifosi e calciatori. Leggendaria fu una serata in cui Attilio Ferraris venne trascinato ad un banchetto, da un nutrito gruppo di suoi tifosi.
Alla fine della bella riunione, arrivò l’immancabile discorso tenuto dall’oratore di turno, che ricoprì il capitano della Roma di complimenti mentre si alzavano al cielo i calici del brindisi: «Attilio sei grande! Attilio sei unico! …. Ma mostrati anche generoso, paga tu il conto». Attilio, come ricordato dalla penna immortale di Vittorio Finizio rispose d’istinto: «Ma l’anima de li mortacci vostra!», ma poi, spartanamente pagò. Sulle cene di questi anni si potrebbe veramente scrivere un libro,perché non erano un mistero e sono ben documentate. A volte venivano persino convocate sui giornali, come la mitologica cena a Campo Testaccio, aperta a pubblico e atleti, per celebrare la fine della stagione agonistica 1930/31. Era un calcio naif, d’accordo, sicuramente improponibile ai nostri giorni, sacrosanto, ma certamente era un calcio più divertente e divertito.
Il panorama, a dire il vero, ci mise veramente poco a cambiare, già un paio di stagioni più tardi, Vincenzo Biancone, direttore tecnico della Roma, aveva preso a controllare i calciatori, telefonando loro la sera, per verificare che fossero effettivamente a casa, in procinto di andare a letto (e tutti i torti, a dire il vero non li aveva). La consuetudine ai pranzi collegiali, era però un vero rito. Prima di andare a Testaccio, infatti, i calciatori giallorossi si radunavano proprio in un ristorante. Quando invece erano in “borghese”, la meta prediletta era quella del Ristorante della Sora Emma, a Via dei Prefetti, proprio all’angolo di Piazza Firenze. Se si aveva pazienza, prima o poi si poteva star sicuri di “beccare” i calciatori della Roma, soprattutto quelli scapoli. Le cene dei calciatori, è bene chiarirlo, non erano ancora un modo di fare gruppo, ma, più semplicemente, un momento naturale della giornata. All’inizio degli Anni 40, il ritrovo di rito dei giallorossi era diventato un ristorantino a Via Genova, una traversa di Via Nazionale. Lì, spesso, atleti di Roma e Lazio di mescolavano e Silvio Piola scommetteva la cena con chi aveva voglia di cimentarsi contro di lui. Il calcio, intanto, continuava inesorabilmente a professionalizzarsi e ad irrigidire le proprie regole. Fece rumore, nel giugno del 1957, una multa che Venturi rimediò, per essersi rifiutato di mettere la giacca sociale mentre era seduto al tavolo di un vagone ristorante. Gli Anni 60, con la Dolce Vita, accusata di essere alla radice del rendimento non idilliaco dei lupacchiotti, iniziò a portare un’aria di demoniaco attorno alle cene[...]
Alcuni giocatori giallorossi, per il solo fatto di aver cenato un paio di volte nel locale, vennero raggiunti da basse insinuazioni che rubarono loro non poca serenità. Quella vicenda aveva portato stelle di prima grandezza del firmamento calcistico dietro le sbarre, essere accostati ad una vicenda del genere da un chiacchiericcio assolutamente privo di fondamenta fu un trauma difficile da dimenticare. Per tornare a sdoganare le cene, occorrerà attendere il definitivo varo del centro tecnico di Trigoria. I campi erano già operative ma le strutture di supporto (compreso il ristorante interno), ancora no. La squadra prese allora a mangiare proprio nelle vicinanze del Bernardini, rispolverando vecchie e gloriose consuetudini. L’immenso Paulo Roberto Falcao, quando voleva concedersi una cena fuori casa, si recava spesso all’"Ammiraglio", in Via Lucrezio Caro. Una sera divise il proprio tavolo anche con il mitico Franco Citti …. il Divino però, da questo punto non era come Francesco Totti.[...]
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