Chiamatelo Sciabbolone, chiamatelo Sigghefrido, chiamatelo Vorche, chiamatelo come preferite, lui è stato, è, e per sempre sarà il primo grande centravanti della storia della Roma. Lui è Rodolfo Volk, nato a Fiume il 14 gennaio 1906. Lui è stato l’uomo delle prime volte. Il primo a segnare un gol a Campo Testaccio, il primo a segnare un gol alla Lazio.
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Pionieri, Rudolf Volk
Punta storica della Roma, decise con un suo goal il primo derby capitolino della storia nel 1929.
Ma andiamo per ordine, perché Rodolfo Volk arriva alla Roma dalla Fiumana nel 1928 e in epoca fascista, quando si italianizzavano tutti i nomi stranieri, venne chiamato Folchi. Ma di quel nome si ha ben poca memoria perché grazie alle sue imprese nello stadio del mito per tutti i tifosi romanisti Rodolfo Volk è diventato Sciabbolone. Il motivo? Come contrapposizione al nomignolo non proprio carino dato al Re Vittorio Emanuele III che, data la sua bassa staturache avrebbe reso necessaria la forgiatura di una sciabola particolarmente corta, era stato soprannominato “Sciaboletta”.
Se uno era Sciaboletta, lui era Sciabbolone, per la sua potenza fisica, per il suo destro potente che batteva ogni portiere avversario. Un destro che scagliava da qualsiasi posizione. Lui che era solito dare le spalle alla porta, tanto era bravissimo a girarsi e a sparare a rete. Una delle sue frasi celebri era: “Io non penso, io tiro”. E tirava bene, tanto da segnare 103 gol in 157 partite con la maglia della Roma. Sciabbolone, ma non solo.
Anche Sigghefrido, storpiatura di Sigfrido, eroe epico della letteratura nordica, soprannome dato dal suo aspetto, alto, biondo, possente. Una divinità nordica, appunto. Sciabbolone, Sigghefrido ma anche Vorche, come viene chiamato per ben due volte nel testo della Canzone di Testaccio: “Poi c’è stà Ferraris er mediano, granne nazionale e capitano; Chini, Fasanelli e Costantino, cò Lombardi e cò D’Aquino; Vorche è ’n mago pe’ segnà!”. Un mago. E ancora: “Quanno che ’ncomincia la partita ogni tifosetta se fà ardita, strilla Forza Roma a tutto spiano co’ la bandieretta ’n mano, perchè cià er core romano. L’ala centra e Vorche tira e segna, questo è er gioco e “Roma” ve lo ’nsegna! Cari professori appatentati sete belli e liquidati perché Roma ce sa fa”. Vorche tira e segna. Un vero e proprio idolo di quel grande periodo della nostra storia. Normale per uno che ha segnato più di 100 gol in giallorosso, inevitabile se fu anche il primo a segnare alla Lazio.
Il racconto di quel derby lo riprendiamo da un articolo pubblicato su Il Romanista qualche tempo fa: “L’8 dicembre del 1929 è una data che i tifosi giallorossi non possono dimenticare. Siamo sul campo della Rondinella, in casa della Lazio. A poco più di un quarto d’ora dalla fine ancora nessuno ha segnato. Poi al 73’ accade qualcosa. Con un guizzo improvviso Ferraris IV riesce a liberarsi dalla marcatura di Malatesta e calcia la palla in direzione del bomber che tutta la folla sta invocando a gran voce: Rodolfo Volk. Dando come sempre le spalle alla porta, Volk stoppa il pallone mentre i terzini laziali accorrono su di lui, si volta con un repentino dietro-front e tira rasoterra andando a gonfiare la rete nell’angolo più impensato. Il tuffo disperato di Sclavi non può nulla contro quella cannonata, che decreta la vittoria della Roma nel primo derby disputato dalle due squadre capitoline.
Il “Messaggero” descrive così il momento: “I clamori del pubblico si alzano al cielo, sventolio di cappelli, di bandierine giallorosse, grida di saluto. I compagni intanto soffocano Volk a furia di abbracci e di strette di mano”. Rodolfo Volk, ribattezzato dai tifosi “Sciabbolone” o “Sigghefrido”. È lui il giocatore che la Roma annota come suo primo autentico cannoniere, al quale va inoltre ascritto anche il primo goal romanista a Testaccio, in occasione della partita di inaugurazione del mitico campo sociale, l’8 novembre 1929, vinta due a uno contro il Brescia.
Volk, artefice di 103 reti con la maglia giallorossa, è un idolo intramontabile per i tifosi romanisti. Quanti di loro, però, sanno che il potentissimo bomber fino all’anno prima aveva militato con grande passione nella Fiumana, la squadra della sua città natale in cui tornerà a giocare finché questa non sarà costretta a sciogliersi? Probabilmente pochi”. Tornò nella Fiumana Volk, dopo essere passato per la Triestina e ancora prima nel Pisa, quando venne ceduto dalla Roma per dei dissidi interni con Guaita e Banchero. Ma nella sua Roma Sciabolone ci tornò, anche se parecchi anni dopo. Finita la carriera da calciatore, divenne usciere nella sede del Totocalcio di Piazzale Ponte Milvio. Finì i suoi giorni in una casa di cura dei Castelli dopo essere stato colpito da cardiopatia. Se ne andò il 2 ottobre del 1983, con la Roma Campione d’Italia e Roma città ancora in festa. Roma che oggi, a quasi 100 anni dalla sua nascita, lo ricorda ancora con grande amore.
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