(Il Romanista-M.Macedonio) «Impossibile confrontarli. E non solo perché parliamo di un calcio diverso, a distanza di quasi sessant’anni. Ma perché diverso è anche il loro ruolo e lo sono le loro caratteristiche» sostiene Giacomo Losi,
rassegna stampa roma
«Totti è più forte di Nordahl»
(Il Romanista-M.Macedonio) «Impossibile confrontarli. E non solo perché parliamo di un calcio diverso, a distanza di quasi sessant’anni. Ma perché diverso è anche il loro ruolo e lo sono le loro caratteristiche» sostiene Giacomo Losi,
parlando di Gunnar Nordahl e Francesco Totti. «Tenuto poi conto che il primo aveva soprattutto grande potenza e prestanza fisica, ma qualità tecniche più limitate, non esito a dire che Francesco è certamente più forte e più completo».
Storie che si intrecciano, quelle di Nordahl, Losi e Totti. A legarle è ancora una volta il filo rosso dei record. (...) Dal numero di presenze in maglia giallorossa, che prima di lui era giusto di Giacomino “Corederoma”, a quello dei gol segnati con una stessa maglia: fino a sabato scorso i 210 del centravanti svedese con quella del Milan, oggi i 211 di Totti con la sola che gli è cucita addosso da sempre. In attesa di scavalcare anche Altafini e Meazza, che lo precedono a quota 216 quanto a reti segnate in serie A, e lo stesso Nordahl, che toccò quota 225. E che quei 15 gol in più li realizzò proprio indossando la maglia della Roma, nelle stagioni 56/57 e, solo in parte, 57/58. Prima di diventarne anche l’allenatore. Chi lo ha conosciuto in tutte e tre le vesti - avversario, compagno di squadra e tecnico in panchina – è proprio Giacomino Losi. «Ho un bellissimo ricordo di lui – ripete l’ex capitano degli anni ’50 e ‘60. - Un bravissimo giocatore e una grande persona. Un tipo buono, nonostante la sua mole. Uno che, anche se lo picchiavi, non si lamentava mai. E molto serio, come lo sono in genere tutti gli svedesi. Penso a Selmosson e a tanti altri come loro. Dal punto di vista caratteriale, insomma, un ragazzo eccezionale. Come giocatore, senza dubbio un grande attaccante. Il classico centravanti di sfondamento. Ma con una voce quasi da bambino, che poco si combinava con quel suo aspetto fisico».
A te capitò anche di affrontarlo, prima del suo arrivo a Roma, quando giocava appunto con il Milan. Per quegli strani scherzi del destino, me lo trovai di fronte addirittura nella prima partita che giocai con la Roma, nel settembre del ’54. Un’amichevole all’Olimpico proprio con i rossoneri. Ero un ragazzino e lui già un giocatore maturo. Conservo ancora la foto in cui esco dal campo, a fine partita, con la maglia bianca che indossavamo in quei casi, e in cui alle mie spalle si intravede giusto Gunnar. Da avversario, era un brutto cliente. O lo anticipavi, oppure, se prendeva la palla, era difficile levargliela. Sapeva colpirla molto bene e, se andava al tiro, era quasi sempre gol. Vedeva la porta come pochi. Uno “vecchio stampo”, come si diceva una volta. Non molto mobile, ma con un destro eccezionale. Quel Milan, del resto, aveva giocatori fortissimi. A cominciare da quel trio, dove Gren era la mente, Liedholm il motore e Nordahl il rifinitore.
E giocandoci in squadra? Un compagno ideale. Un ragazzo affabile, che non poteva non andare d’accordo con tutti noi. Ricordo che quando smise, anche come allenatore, aprì un ristorante, la Domus Aurea, vicino al Colosseo. Ed è proprio lì che, nel ’59, ho fatto il mio pranzo di nozze. Un altro legame che torna.
Come andò invece da tecnico in panchina? Fu quando venne mandato via Sàrosi. Gunnar fu chiamato a fare l’allenatore, avendo però alle spalle il direttore sportivo, Busini, uno che veniva dal Milan. Ricordo che avevamo fatto il ritiro pre-campionato al Terminillo. Nordahl prese la squadra dopo una sconfitta a Vicenza per 4-1. La settimana successiva battemmo il Napoli 8-0. Come tecnico, Gunnar era uno semplice, lineare. Che dipendeva però molto da quello che gli diceva il direttore sportivo. Insomma, non comandava più di tanto, mentre Busini non mi vedeva affatto di buon occhio. Con lui ho fatto parecchie panchine e anche diverse tribune. Avevano preso Corsini e Griffith e pensavano di mettermi in disparte. Fino a che mi sono ribellato, perché volevo giocare. Confesso: fu l’unico momento in cui sono stato sul punto di andar via dalla Roma. Ma è poi tornato Sàrosi, e io mi sono ripreso il posto da titolare. Mi capitò infatti di giocare stopper, al posto di Stucchi, anziché terzino. Fu a Livorno, contro una grande Fiorentina, perché il nostro campo era squalificato. Feci una grande partita e da allora non ho più lasciato quel ruolo e quel numero 5.
Torniamo a Totti e ai suoi record.Francesco è in un momento eccezionale. Soprattutto, sta giocando come vuole lui, a tutto campo. Quando mi dicono che gioca di punta, mi scappa da ridere, perché oggi gioca dappertutto meno che da punta. Anche perché con Luis Enrique tutti sono punte e tutti sono centrocampisti o difensori, muovendosi tutti, ora, come deve muoversi una vera squadra. Ripeto: Francesco sta dimostrando ancora una volta di essere grandissimo. Sta bene fisicamente ed è un sempre un grande piacere vederlo giocare. Ha battuto tutti i record possibili, a cominciare dal mio in fatto di presenze. E mi piace dire che essere stato superato da lui è un motivo di orgoglio. Da un altro mi sarebbe forse dispiaciuto un pochino, ma da lui mai e poi mai. So anche che ne batterà altri. Raggiungerà Nordahl e, a mio parere, può arrivare anche molto più in alto. Sta attraversando una fase felice e, quando i grandi giocatori si trovano a vivere momenti come questi, possono raggiungere qualsiasi risultato. E lui lo merita. Chi ancora si permette di criticarlo, lo fa solo per invidia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA