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«Avevo promesso il ritorno. Alla Roma voglio bene»

(Il Romanista-D.Galli) «Cosa vi posso dire? Io sono contento e ringrazio la società che ha fiducia in me e mi ha portato di nuovo a Roma. Io nel ’99, quando me ne sono andato, ho detto a qualche amico: “Io prima o poi ci torno”.

Redazione

(Il Romanista-D.Galli) «Cosa vi posso dire? Io sono contento e ringrazio la società che ha fiducia in me e mi ha portato di nuovo a Roma. Io nel ’99, quando me ne sono andato, ho detto a qualche amico: "Io prima o poi ci torno".

E ringrazio questa società che mi ha fatto tornare, anche se magari un po’ in ritardo. Per il resto, spero che si riuscirà a collaborare per costruire qualcosa insieme visto che voi avete una parte importante ». È così che Zeman si presenta ai tifosi della Roma.

 

C’è molto entusiasmo tra i tifosi. Cosa l’ha convinta a tornare a Roma dopo 13 anni e firmare un biennale? Per il contratto ci ha pensato la società. Ma la penso sempre come la pensavo prima. Cosa mi ha convinto? Io vivo, abito a Roma da 18 anni, quindi la città la sento mia. Ripeto quello che ho detto nel ’99: "Mi sono prefissato che prima o poi tornerò". Sono tornato e sono felice. Spero che dopo la stagione calcistica saranno felici anche gli altri.

Dopo 13 anni, quanto è cambiato Zeman? È tornato per vincere? Io non ho mai visto uno che fa questo mestiere, che fa l’allenatore, che non vuole vincere. Prima bisogna cercare di fare meglio degli altri. Ci si deve provare e ci si deve credere.

In questi 13 anni c’è stato un momento in cui ha sognato fortemente un ritorno a Roma? C’è scritto in qualche interrogatorio del 2006 che ero abbastanza vicino. Ma non si poteva...

Può smentire la diceria che Zeman preferisce lavorare con i giovani invece che con campioni affermati? Penso che il Pescara sia proprio un esempio: dove avevo sei “under” e sei “grandi”, visto che Sansovini non è più giovane, ha 32/33 anni e ha reso come i ragazzi. È normale che un allenatore preferisca avere gente che ha voglia di imparare, che ha voglia di migliorare e nei giovani si trova di più. Non è detto che i vecchi non lo fanno perché anche nella Primavera della Roma c’era un certo signor Aldair, che mi ha dato grosse soddisfazioni.

Quest’anno lei ha allenato Verratti. Se venisse a Roma, chi giocherebbe al centro tra lui e De Rossi? A queste domande non rispondo anche perché il mercato comincia il primo luglio. Noi ora stiamo cercando di capire quello che c’è e quello che non c’è. Marco Verratti ha fatto sicuramente un grande campionato, si è fatto notare ma attualmente non c’è niente, non c’è discorso.

Come gestirà un patrimonio tecnico importante come quello di Totti? Cosa pensa del Totti di questi tempi? Per me Totti è tesserato come calciatore e mi aspetto che farà il calciatore. Lo gestisco come il resto della squadra.

La nuova società non vuole che si parli di arbitri. Lo condivide? Io penso che è sbagliato, però se la società dice che non si deve dire, visto che io sono un dipendente, non ne parlerò. Penso che non succede niente se si dice che un arbitro ha sbagliato qualche cosa, come quando dirò che un mio calciatore ha sbagliato qualche cosa.

De Rossi potrà giocare anche in difesa come ha fatto in quest’ultima stagione? Io spero di no. Per me è un centrocampista e dovrebbe fare centrocampo. Poi quando ci sono necessità, che spero che non ci saranno, potrà adeguarsi ma non è quello che penso di fare.

Dopo il suo addio alla Roma era un po’ scomparso. Per lei questa è una sorta di rivincita? Ma io non voglio rivincite. Sono scomparso dal calcio che si legge sulle prime pagine, ma il calcio l’ho fatto. Ripeto, per me non era tanto il problema di categoria, ma il fatto di stare sul campo ad insegnare qualche cosa e quella possibilità l’ho avuta sempre.

La sua precedente esperienza a Roma aveva spaccato la tifoseria. Che cosa si sente di dire oggi alle persone che erano scettiche 13 anni fa per venire allo stadio? Non sono io che devo tendere la mano, spero che la squadra riuscirà a dare delle emozioni, a far divertire la gente, che porti la gente allo stadio. Poi è normale che nel calcio a uno piace una cosa e all’altro un’altra. Insieme non possono essere d’accordo. Uno tenta di far vedere qualcosa e spero di riuscire a convincere anche gli scettici che siamo sulla buona strada e che stiamo facendo il nostro lavoro bene.

Molta gente sostiene che lei sia cambiato tatticamente. Se sì, in che cosa? Visto che siete in trenta mi conviene dire di sì, però non sono d’accordo.

Ci saranno dei punti di contatto con la Roma di Luis Enrique? Tredici anni fa c’erano delle squadre che vincevano Champions e coppe europee, ora le squadre italiane hanno lasciato spazio alle squadre spagnole e inglesi, esiste un gap notevole. Io credo che ogni allenatore ha le sue idee, io sono un po’ più proiettato verso la porta avversaria.

La piazza ha molte aspettative. Qual è il suo obiettivo? Vorrei che la squadra divertisse e vorrei far avvicinare la gente e regalare emozioni.

Alcuni hanno detto che l’ultimo Zeman è cambiato e che cura più la difesa mentre altri dicono che è sempre lo stesso. Qual è la verità? Ho già risposto prima. Mi conviene dire che sono cambiato perché molti avversari mi criticavano su quello. Però alla fine sarà il campo a dirlo. Il Pescara ha subito meno gol rispetto alle sue squadre.

È cambiato qualcosa nell’approccio difensivo? Per me è uguale. È normale che ogni tanto rischi qualcosa ma quando fai 90 gol non è importante vedere quanti ne prendi. Poi è ovvio che il calcio ha due fasi: una offensiva e una difensiva.

Per lei De Rossi è un regista o un interno? Per me è un centrocampista, per fare il regista ci vogliono altre doti. Può giocare mediano con altri compiti.

La preparazione di quest’anno? Io sono abituato a fare una preparazione in un certo modo. Quest’anno devo cambiare qualcosa e spero che non mi cambierà i risultati.

Questa Roma è più forte della Lazio che ha avuto? Questa Roma la dobbiamo ancora costruire. Poi abbiamo degli elementi che devono rendere come ci si aspetta.

C’è qualcuno che la stuzzica allenare? Di nomi non ne voglio fare visto che siamo a giugno.

Secondo lei Pjanic può giocare come vertice basso del centrocampo? Non voglio parlare dei giocatori. Io voglio fare una rosa di giocatori che saranno utili al progetto.

Tredici anni fa parlava di medicinali, farmaci e scommesse. Com’è la situazione ora? Ci sono stati miglioramenti nelle prime due. Nel terzo purtroppo tocca ancora aspettare. Anche lei continuerà sulla strada del fair play? Io me lo auguro e farò di tutto. Il problema è che il calcio non è più credibile. Noi cercheremo di fare il possibile per far vedere che il calcio si può fare anche con fair play.

Ci saranno cambiamenti o può rivalutare qualcuno della rosa? A qualcuno sarà data la possibilità, su quelli in cui crediamo io e la società. Su altri dobbiamo ancora valutare. Quello che vogliamo è costruire una squadra importante che dia filo da torcere a tutti gli avversari.

Ieri il Wall Street Journal le ha dedicato un articolo in cui l’ha definita come lo Jedi del calcio… Io mi sento uno normale, una persona che vuole fare calcio e cercare di migliorare il prossimo.

Perché in Italia, quando si cerca di comprare un giovane, si punta sullo straniero e non sui vivai? Non posso dare spiegazioni perché non sono io che spendo i soldi.

Zeman edizione 2012/2014. Prevede che il derby sia una partita come un’altra? Sono sempre tre punti. Conosco la piazza di Roma e so che per loro è diverso. Io sono l’allenatore e devo fare il massimo per conquistare i tre punti. Io dico che il vero spettacolo del derby è in tribuna perché in campo se ne vede poco in genere.

Sente la pressione dei tifosi? Paura non ne ho. Poi è normale che penso che i tifosi della Roma siano sempre vicini alla squadra e spero che lo facciano anche quest’anno.

Crede che ci sia il rischio che possa accadere quello che è successo 13 anni fa? Io spero di no. Se avessi pensato di poter fare gli stessi danni del ’98 non sarei venuto, perché voglio bene alla Roma.

In che percentuale influisce l’allenatore sui successi della squadra? Per me un allenatore è importante per una squadra. Io mi sento importante perché se si riesce a dare un gioco, un comportamento, questo influisce. Poi ci sono squadre che non hanno bisogno di un allenatore.