(Il Romanista-M.Izzi)Lunedì 27, nei locali di Via Baccina, adibiti dall’Unione Tifosi Romanisti a mostra permanente sulla storia giallorossa si è tenuto il secondo incontro (il primo, il 20 febbraio ha visto protagonista Carlo Zampa)
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La Roma di Viola in mostra
(Il Romanista-M.Izzi) Lunedì 27, nei locali di Via Baccina, adibiti dall’Unione Tifosi Romanisti a mostra permanente sulla storia giallorossa si è tenuto il secondo incontro (il primo, il 20 febbraio ha visto protagonista Carlo Zampa)
di un ciclo di conferenze, ad ingresso rigorosamente libero sino ad esaurimento posti, sulla storia della Lupa.
La serata di Via Baccina, sul tema: “La Roma di Dino Viola” è stata questa volta animata da un quartetto scoppiettante costituito da “Dodo” Chierico (“Solo mia madre mi chiama Odoacre”), Ettore Viola, Alessandro Cucciari e il maestro Fulvio Stinchelli. Una serata che ha regalato in 90 minuti: aneddoti, considerazioni, notizie, il tutto con un ritmo serrato. Partiamo subito con “la” notizia, quella data da Ettore Viola: «Sono contento di avere l’opportunità di incontrare degli appassionati romanisti nel ricordo di mio padre, sulla cui storia sto tra l’altro scrivendo un libro in collaborazione proprio con Fulvio Stinchelli ». Orbene, una grande notizia, un libro, tra l’altro, che è diventato un po’ una leggenda metropolitana della bibliografia romanista, visto che venne annunciato per la prima volta addirittura nel dicembre 1995, senza, purtroppo, vedere mai la luce. (..) Dicevamo serata di aneddoti, a quelli ha contribuito in maniera sfavillante uno degli alfieri della Roma di Viola, Odoacre Chierico: «Sono arrivato alla Roma giovanissimo a 13 anni. Ero un bambino e invece di presentarmi agli allenamenti andavo a giocare a pallone con i miei amici, alla Montagnola. Alla fine, giustamente, mi mandarono via. Iniziai una lunga trafila, prima la STEFER, poi l’Inter, con cui vinsi, proprio all’Olimpico la mia prima Coppa Italia e in seguito il Pisa. A Viola devo moltissimo perché è stato lui a regalarmi l’immensa gioia di giocare nella Roma, la “mia” squadra. Rilevò la metà del cartellino dal Pisa, per un miliardo e nell’estate del 1982 riscattò l’altra dall’ Inter. Sono stati quattro anni bellissimi in cui ho vissuto un sogno, conquistato uno scudetto storico, una Coppa Italia e sfiorato la Coppa dei Campioni. Mi rimane il rammarico di non aver potuto calciare il quinto rigore, visto che ero stato designato. E’ una di quelle cose che può cambiarti la vita, qualche volta lo sogno ancora quel rigore». Il racconto è interrotto da una domanda: «Dodo perché sei andato via dalla Roma?». Chierico non ha esitazioni: «Certamente non per volontà del presidente. Se fosse dipeso da lui, probabilmente sarei ancora lì. Il fatto è che quando si è giovani si commettono tanti errori. Andai via dalla Roma, andando all’Udinese, quando l’anno prima avevo rifiutato il Milan». La parola passa ad Alessandro Cucciari, altro prodotto del vivaio giallorosso che visse la gioia del debutto in serie A proprio nella Roma di Dino Viola, nella stagione 1989/90, agli ordini di Gigi Radice. «Dopo il periodo trascorso nelle giovanili – ricorda Cucciari – arrivò l’ingresso in prima squadra. Nella Roma di Bruno Conti che per me era il massimo. Ma assieme a Bruno c’erano altri campioni stellari, a partire da Rudi Voeller, Sebino Nela … insomma personaggi di questo calibro. Però, il ricordo più bello che conservo del Presidente Viola è un incontro che ebbi con lui, proprio in quella stagione. Mi dissero che voleva parlarmi e già non stavo più nella pelle. In quel colloquio, ad un certo punto mi disse: “Vedi Alessandro, voglio costruire la Roma dei romani e tu ne farai parte”. Quel sogno si spezzò quando il presidente è volato in cielo. Con il cambio di gestione, infatti, sono stato ceduto».
Nel corso della serata sono stati rievocati diversi frangenti significativi o curiosi legati all’epopea Viola, dal mancato acquisto del club nel 1978, all’ingaggio di Andrade, di Vierchowood (impressionanti le forze scese in campo per evitare che il “russo” approdasse nella capitale), sino a quello del “divino” Paolo Roberto Falcao. Proprio sul fuoriclasse brasiliano (“Trattato alle stesse identiche cifre di Zico”) è arrivata un’altra domanda significativa: «Dodo, pensi che Falcao sia stato solamente un professionista o che abbia voluto anche bene alla Roma?». «Avendola vissuta dall’interno - dice Chierico – quella vicenda, posso dirti che credo che Falcao abbia certamente amato la Roma. Il suo unico neo, rimane quel rigore non calciato nella finale della Coppa dei Campioni. Sono convinto che tornando indietro, Paolo lo batterebbe». Il tempo è fuggito via, il presidente Fabrizio Grassetti e il moderatore dell’incontro, Antonio Calicchia, danno appuntamento ai prossimi lunedì. Nel fitto carnet delle serate di Via Baccina, figura anche il nome di Claudio Amendola, mentre i roumors, non ancora confermati, parlano di Zibi Boniek.
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