rassegna stampa roma

Grazie Roma… Grazie Lucio

(Il Romanista – M.Izzi) – «Ho appreso la notizia con grande dolore. Solo quindici giorni fa Dalla mi aveva chiamato chiedendomi di presentargli il suo libro, ma nello stesso giorno dovevo presentare il mio. Così ho dovuto dire di no....

Redazione

(Il Romanista - M.Izzi) - «Ho appreso la notizia con grande dolore. Solo quindici giorni fa Dalla mi aveva chiamato chiedendomi di presentargli il suo libro, ma nello stesso giorno dovevo presentare il mio. Così ho dovuto dire di no. Ma so

no invece contento di una cosa: avevo dedicato a lui un intero film come Borotalco e lui ne andava fiero». E’ il cordoglio di Carlo Verdone, che segue quello altrettanto profondo di Antonello Venditti, raccolto dal Romanista: «Vi posso dire che con lui, è come se avessi perso una persona di famiglia, un parente stretto».[...]

«L’accelerazione per la risalita avvenne, banalmente, in autostrada. All’altezza di Bologna affiancai una Jeep e mentre la sorpassavo mi accorsi che dentro c’era Lucio Dalla. Stava seduto sul portellone posteriore, abbassato come un ponte levatoio. Mi fece cenno di fermarmi. Sapeva bene che stress fosse per me vivere da pellegrino, avanti, dietro, senza un posto dove appendere il cappello, e mi avvertì che a Roma aveva scattato le foto per il nuovo disco in una casa vicino alla sua, tra i vicoli di Trastevere, bellissima e in vendita.

Disse: “Se fossi in te chiamerei la proprietaria. Ora”. Girai alla prima svolta e da Bologna sfrecciai verso Roma. Mancavo da due anni. A ogni chilometro prendevo più coraggio per porre fine al mio esilio. Tornare a muovermi tra i miei luoghi e ricominciare a frequentare mio figlio era un bisogno impellente, sarei arrivato a indebitarmi per soddisfarlo. Corteggiai la signora finché non ci accordammo sul prezzo e divenni vicino di vicolo di Lucio. Da allora il mio motto è: “Dai retta a Dalla”. Al principio avvertii un senso di estraneità. Un tizio mi fermò in una via: “Anvedi Antonello. Che fai? Ndo vai?” e io pensai, da brianzolo: “Ma che vuole questo signore?”. Solo dopo essere andato allo stadio rinacqui romano. Il primo a mettere piede nella nuova casa - racconta ancora Venditti nel suo libro - fu il caro vecchio pianoforte Anelli su cui avevo composto Sora Rosa, con i tasti laterali bruciati dalle sigarette perché da sempre suono tutto in posizione centrale. Dopo entrai io, staccnado il primo passo fuori dal pantano. Guardai i tetti della mia città, quelli che sognavo di notte in Stukas, gli stessi che avevano ispirato La sera dei miracoli di Dalla. Poggiai i polpastrelli sui tasti e uscì Grazie Roma».