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Ghini: «Un segno per il futuro»

(Il Romanista – M. Macedonio) – Un invito, quello che gli ha fatto l’amico Franco Baldini, al quale non poteva certo sottrarsi, Massimo Ghini, da sempre tifoso giallorosso: condurre la cerimonia di presentazione della nuova maglia...

Redazione

(Il Romanista - M. Macedonio) - Un invito, quello che gli ha fatto l’amico Franco Baldini, al quale non poteva certo sottrarsi, Massimo Ghini, da sempre tifoso giallorosso: condurre la cerimonia di presentazione della nuova maglia della As Roma per la prossima stagione.

 

Anche se, ripete, fino a ieri mattina ignorava che l’evento prevedesse anche una diretta televisiva, praticamente… planetaria. Da un luogo, l’Ara Pacis, scelto proprio perché in grado di coniugare antichità e modernità. Con l’altare dedicato ad Augusto, nella teca progettata solo pochi anni fa dall’architetto americano Richard Meier. «Se c’era una cosa che ci piaceva emergesse da questa presentazione – dice l’attore romano - e che avevamo concordato con chi l’ha organizzata, era che non ricalcasse l’idea della classica convention americana. Perché è vero che tutti noi abbiamo un po’ bisogno di uscire da quell’arietta da “volemose bene”, che è tanto figlia del tempo che fu, ma è anche vero che c’è modo e modo di farlo. E senza scimmiottare altri, è possibile trovare una via che consenta comunque quel salto in avanti che è giusto fare. E’ un po’ quello che ho voluto sintetizzare raccontando quell’episodio, emblematico, vissuto personalmente a New York. Dove una notte, a Soho, quartiere di intellettuali ed artisti, incontrai un ragazzo, Tonino, con indosso la maglia della Roma, mentre stavo parlando con Abel Ferrara, il grande regista. Due realtà che convivevano e che, oltre a farmi sentire orgoglioso di essere romano e tifoso della Roma, mi hanno dato conferma del valore internazionale di questo nome e della passione comune che unisce tanti di noi nel mondo. Il segno di un cambiamento, che avrà ancora bisogno di tempo ma ci porterà lontano».

Una maglia, quella che ti sei trovato a presentare, che unisce ricerca tecnologica recupero della tradizione. Che impressione ti ha fatto?

Sono un associato di MyRoma, che come tutti sanno guarda all’azionariato popolare. Ma anche, e ci tengo a dirlo, ai colori della maglia, che tra le tante questioni ha sempre avuto una posizione di primo piano. Non per vieto tradizionalismo, ma perché l’identificazione di un marchio, che è qualcosa di storico, passa anche attraverso di loro. E così come il Barcellona è blaugrana, e sempre lo sarà, la Roma è quei colori. E il loro recupero non va visto in senso conservatore, ma come un segno proiettato nel futuro, che si fa forte del proprio passato, e punta a migliorarsi giorno per giorno. Questo mi piaceva e questo ho ritrovato nella maglia di quest’anno. E anche la presentazione, non a caso, da parte di uno che, come me, non è un presentatore, ha avuto a mio parere una dimensione quasi colloquiale, e non di plastica o “finta americana”. “Avremmo potuto stupirvi con effetti speciali”, si è soliti ripetere. E invece, mi piace che siano stati messi in campo gli uomini. Quelli che hanno fatto la storia di questa società, da Bruno (Conti, ndr) a tutti gli altri. Con le immagini sullo schermo – da brividi – che così bene hanno saputo raccontare ciò che abbiamo alle spalle, e le emozioni che ci portiamo dietro. E con il “saggio” Santiago Sabatini (il figlio del direttore sportivo, un ragazzino dall’aria sicura di sé, piccola copia del padre, ndr), che ho saputo essere un esperto di maglie, come ha poi confermato con le sue risposte.

A proposito di giovani, c’era anche tuo figlio Lorenzo alla presentazione…

Sì, e la prima cosa che ha fatto è stata portarsi via la maglietta che mi era stata appena regalata. Mi piace pensare che abbia la stessa età di Valerio Verre, anche lui del ’94. Nel guardarli, mi sono detto che se anche uno dei miei figli avesse avuto i piedi buoni… (ride).

E’ comunque bello vedere che un coetaneo di tuo figlio possa avviarsi a rappresentare, domani, questi colori…

Così come li ha rappresentati Bruno Conti, tuo coetaneo.Un passaggio del testimone, da una generazione a un’altra. Proprio così. E noi abbiamo il compito di assisterli e accompagnarli. Ed è per questo che penso che Zeman possa essere per loro un ottimo maestro.

Come stai vivendo il suo arrivo sulla panchina giallorossa?

Bene. Anche se non abbiamo ancora cominciato è c’è già chi storce il naso. Non mi piace quel senso di diffidenza che colgo in giro da parte di qualcuno. Anche se pochi, in verità. Penso al borbottio del tassista che mi accompagnava all’Ara Pacis. E’ qualcosa che non ci appartiene. Noi romani abbiamo sempre saputo guardare alle cose, facili o difficili, con grande ironia. Che è anche sinonimo di intelligenza. E poi, oggi c’è un boemo che amiamo proprio per questa sua capacità di essere a sua volta ironico. Non sarà mica che noi romani dobbiamo prendere esempio da lui?

Torniamo alla maglia.Quanto ritieni che possa essere beneaugurante, visto che si richiama ad altre, vincenti in passato?

Spero che lo sia. E’ importante, lo ricordo ancora, aver recuperato quei colori, perché magari qualcuno non se n’è accorto. E vorrei anche che tali rimanessero. Sulla seconda e terza maglia ci si potrà anche sbizzarrire. Ma la maglia della Roma è “quella”. E bene hanno fatto a volerla presentare da sola.