(Il Romanista - M.Izzi) - “Mi avete preso per un coglione!”. “Ma no, sei un eroe”…. “Aaaa … mi avete preso per un coglione, sotto la mano, mi fa male aaah”.
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Francesco doppia Pruzzo: quelli che… il gol è dovuto!
(Il Romanista – M.Izzi) – “Mi avete preso per un coglione!”. “Ma no, sei un eroe”…. “Aaaa … mi avete preso per un coglione, sotto la mano, mi fa male aaah”.
E’ la scena finale de “L’allenatore nel pallone”, a distanza di 28 anni mi rivedo al buio del cinema Bristol. C’ero andato solamente per lui, “il Bomber”, Roberto Pruzzo, che veniva segnalato in un cammeo. Pruzzo contro la Longobarda… non potevo mancare. Il Bomber, chi è della mia generazione questa psicofollia la può capire (gli altri non credo), era… il bomber. Quella sera dell’inverno del 1984, quando Bruno Pizzul annunciò il suo nome, ci mancò poco che non saltassi per aria: «E c’è il colpo di testa vincente da parte di Pruzzo. Che gol. Ha pareggiato Pruzzo.
Proprio Pruzzo che fino a questo momento non aveva avuto occasione di mettersi in luce. Pareggio al 44’ minuto di gioco». Bastò questo, e una fugace apparizione davanti a Banfi in splendida tenuta da gioco (“però la maglia è quella di due anni fa”), a farmi concludere che il film era un capolavoro. L’11 gennaio 2008, il secondo episodio de “L’allenatore nel pallone”, portò nuovamente nelle sale Lino Banfi, ma questa volta al suo fianco c’era Francesco Totti, nei panni di un improbabile togato che inizia e conclude così la sua arringa: "Mi appello alla clemenza della corte”. “Azzo – irrompe Banfi-Canà – che bella arringa che hai fatto. Ma non sei il mio difensore?”. “A Canà, ma che difensore, non hai capito che so’ attaccante io!”. Questo secondo film cult, però, pur stimando Banfi, non l’ho visto al cinema… un segno generazionale, che voglio denunciare, perché in un parallelo tra Totti, che con i suoi 212 gol, raggiunti contro l’Udinese ha doppiato il numero nove della leggenda romanista fermo a 106 centri, il cuore continua a pendere senza raziocinio dalla parte del Bomber.[...]
La sua riserva era “verboten”, vietata, per avversari e compagni di squadra. Il punto di contatto evidente è nelle aspettative, enormi, che hanno sempre caricato questi due atleti (non a caso autori dei due gol a sigillo degli scudetti dell’83 e del 2001). Potevi vedere la partita in Distinti Sud o in bassa frequenza negli studi Rai di Via Teulada, ma un romanista che criticava Pruzzo (“C’ha er culo a bobbi”), lo trovavi sempre. Persino la sera di quel maledetto 30 maggio 1984, finale Coppa Campioni, passai i primi due secondi dopo il pareggio del Bomber a mandare a quel paese mio padre: «Ma perché no’ leva er Barone!». «Ecco perché». Ma non feci in tempo a dirglielo, perché in genere chi se la prendeva con Pruzzo erano sempre tra quelli che esultavano di più ai suoi gol. Eh sì, perché i gol di Pruzzo erano dovuti. Era lui l’incaricato di trasformare un pomeriggio di merda in una scarica d’adrenalina… Ecco, allo stesso modo ho sempre trovato il romanista che ce l’ha con Totti: «Non rientra… Non viene a sostegno de’ centrocampisti». E sempre, come ai vecchi tempi, sono quelli che saltano più in alto ai suoi gol.[...]
E’ lui, più di tutti, incaricato di trasformare un pomeriggio di merda in una scarica d’adrenalina. Il parallelo però, finisce qui, perché Roberto, amatissimo bomber, è stato un simbolo conservando il disincanto un po’ burbero della sua terra. Nel febbraio 1986, alla rivista ufficiale della società, rilasciò un’intervista in cui dichiarava che a fine carriera gli sarebbe piaciuto diventare: «presidente della Lucchese». Francesco è un simbolo destinato a non vedere mai il tramonto. Totti sarà “la” Roma per sempre, come Rivera per sempre è stato e sarà “il” Milan. Peccato che per vederli giocare insieme nel 2007 ci sia stata solo la gara celebrativa degli 80 anni della Roma, perché un tandem Totti, Pruzzo avrebbe messo d’accordo tutti. Forse anche mio padre
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