(Il Romanista - C.Zucchelli) Undici novembre, un mese fa domani. Sembra passata una vita, altro che trenta giorni. Sembra passata una vita per la Roma, che quel giorno perdeva il terzo derby di fila e adesso invece si gode il poker di vittorie, e sembra passata una vita per Miralem Pjanic, che quel giorno entrava a partita in corso, segnava il gol della speranza (vana), esultava con un’espressione a dir poco rabbiosa (verso il mondo, verso se stesso e anche verso Zeman) e poi, controvoglia, andava davanti alla tv - di casa - a chiarire che «no, non ce l’avevo con l’allenatore».
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È Pjanic adesso l’asso del poker
(Il Romanista – C.Zucchelli) Undici novembre, un mese fa domani. Sembra passata una vita, altro che trenta giorni.
Sembrava, il talento bosniaco arrivato a Roma nelle ultime ore del mercato 2011 grazie a un’intuizione notturna di Sabatini, un pesce fuor d’acqua, sembrava uno che nel 4-3-3 di Zeman non poteva, e doveva, starci. Lui stesso faceva poco per nasconderlo: a Trigoria si allenava, in campo andava, almeno all’inizio della stagione, ma non rendeva. E si vedeva, eccome se si vedeva. In Francia lo davano già sulla via per Parigi (per prendere Pastore con tanto di conguaglio), in Inghilterra dicevano che Villas Boas lo aveva messo in cima alla lista degli acquisti per gennaio, a piazzale Dino Viola il ritornello era sempre lo stesso: «Pjanic non si tocca». Era lui, Pjanic, che doveva capire che lui in questa Roma poteva starci. Doveva seguire Zeman, come il suo amico e idolo Francesco Totti diceva a tutti di fare dando l’esempio, e lo ha fatto. Dopo la partita col Torino, dove ha giocato interno destro di centrocampo ma soprattutto ha segnato il gol della sicurezza, si è sbloccato. Ha iniziato a giocare bene, a Pescara altri 90’ da titolare, sempre come interno con Florenzi dall’altra parte e Bradley al centro, a Siena, per la prima volta, ha fatto parte del tridente d’attacco con Totti a sinistra e Destro al centro.
Nel primo tempo ha sofferto, ha faticato per trovare la posizione e poi nella ripresa si è sbloccato. Ha iniziato a divertirsi. Ha spaziato per il campo, lasciandosi guidare dal suo talento ha fatto anche il trequartista, e Totti con estrema intelligenza si è affiancato a Destro facendo quasi la seconda punta, e ha corso come mai aveva fatto prima. Mai a Roma e mai in Francia visto che una freschezza atletica del genere non aveva mai fatto parte del suo repertorio. È tirato a lucido e in campo sabato sera si è visto. Qualcuno ha detto che quella contro la Fiorentina è stata la sua miglior partita da quando è a Roma, lui non la pensa proprio così («posso fare ancora meglio», ha confidato) ma sa che adesso è arrivato il momento di spingere sull’acceleratore. Col rientro di Lamela, non domani in Coppa Italia visto che l’argentino è squalificato, la concorrenza per un posto in attacco sarà dura, a centrocampo già lo è ma la sensazione, anzi la certezza, è che la Roma di un Pjanic così non possa fare a meno. D’altronde, non si diventa a 20 anni uno dei centrocampisti più ambiti d’Europa per caso. Il pianista, come lo chiamavano in Francia, ha ricominciato a far sentire la sua musica.
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