(Il Romanista - T. Cagnucci) Domenica. Quel giorno sul pianeta Terra, a Roma, Fiumicino, vicino al mare, stava succedendo qualcosa di particolare. Cosa? In città faceva caldissimo, 36 gradi di media, esattamente come l’ultimo 24 luglio passato. Per chi non era andato al mare (poco mosso, a Ostia quel giorno non sventolava bandiera rossa) in televisione c’era da guardare il Tour de France su Montecarlo che però – di fatto – era già stato vinto da Laurent Fignon [.. ] e al cinema “Il paradiso può attendere”. Forse.
rassegna stampa roma
De Rossi, nato il 24 luglio
(Il Romanista – T. Cagnucci) Domenica. Quel giorno sul pianeta Terra, a Roma, Fiumicino, vicino al mare, stava succedendo qualcosa di particolare. Cosa? In città faceva caldissimo, 36 gradi di media, esattamente come l’ultimo 24 luglio...
Il paradiso poteva aspettare non oltre questo 24 luglio: stava succedendo qualcosa di particolare. Cosa? Sui giornali tracce ancora non ce ne potevano essere: stava per accadere, non era ancora successo. [..] «I brasiliani Zico e Cerezo potranno giocare in Italia». Il Coni aveva sconfessato la Federazione e le lacrime di Sordillo, dando ragione alla Roma e all’Udinese sul tesseramento degli assi del Brasile: prodromi della globalizzazione. «Repubblica» riportava, sostanzialmente, le stesse notizie: apertura con i tentativi di formazione del governo Craxi («È sicuro di farcela»), fondo di Beniamino Placido sull’imminente quarantennale della caduta del fascismo («Signori ricordate il vostro fascismo? ») e – sempre in prima pagina ovviamente – il riquadro sulla Roma: «Il Coni dà via libera a Zico e Cerezo». Dentro a pagina un interessante pezzo di un giovanissimo Magdi Allam su Arafat che dichiara inimicizia a Gheddafi, che all’epoca non veniva ricevuto a Villa Pamphili; nello Sport a commentare la decisione della giunta del Coni un corsivo dei suoi di Mario Sconcerti. Una delle cose più interessanti quella mattina del 24 luglio 1983 la potevi leggere sul «Messaggero»: un’intervista di Fulvio Stinchelli nella sede della Lazio di via Col di Lana a Giorgio Chinaglia che gli confessa: «Ho bisogno di tifosi. Siamo a zero. Io alla Roma invidio Di Bartolomei e Bruno Conti perché sono tifosi della loro squadra». Sul «Corsera» a pagina 5 in un articolo di taglio si legge una strana cosa: «Dopo un mese di arsura finalmente Como berrà l’acqua del suo lago resa potabile». Quella notizia sul lago di Como… Cosa stava succedendo? Ricominciamo dalla prima del «Messaggero». «Annullato il veto della Figc, Cerezo giocherà con la Roma…», era lo spallone. Ruggiero Palombo scriveva che «giustizia è fatta», Marco De Martino intervistava Dino Viola: «Ora lo posso dire: è la Roma che volevo». La Roma dei sogni nasceva il 24 luglio 1983, la Roma della Coppa dei Campioni nasceva il 24 luglio 1983. Non lo diceva soltanto il presidente, ma anche Nils Liedholm a pagina 19 del «Corsera» in un’intervista dell’allora inviato al seguito, Franco Melli: «Con Cerezo andremo lontano in Coppa dei Campioni. Ma il favorito resta il Liverpool…». Testuale. Vaticini misteriosi, verità oracolare di un allenatore che è stato e rimarrà per sempre un maestro. Quel giorno stava nascendo qualcosa. Roberto Pruzzo spiegava una cosa: «Avremo la migliore Roma di ogni tempo». Il 24 luglio 1983 nasceva la Roma più forte di sempre. Ma stava succedendo dell’altro, qualcosa che lo compendiava. Quel giorno se andavi ad Ostia Antica queste cose le potevi sentire nell’aria perché venivano cantate: c’era il concerto di Antonello Venditti. Quei concerti erano una festa, si cantava «A-ntonello, A-ntonello!» e «Roma-Roma», ogni tanto s’intonava pure per Falcão (come quell’urlo sordo e ritmato prima del Colonia e prima del Dundee di un popolo che consegnava qualsiasi speranza al suo re: «Falcão! Falcão! Falcão!»). A quei concerti ci andava la Curva Sud, non dello stadio Olimpico ma della città di Roma. Era il tempo in cui la comunità poteva ancora credere alla comunità: il crollo delle ideologie sarebbe arrivato solo più tardi. Ai rigori. Contro il muro del Liverpool. Ad Ostia Antica, tra Roma e il mare, Venditti cantava Sara, Le ragazze di Monaco, Attila e la stella, Grazie Roma… Era l’epoca del vavavavavavavavavavavavavavavavavavava… e ci si capiva.
Accadeva vicino al mare, mentre a Riscone di Brunico in montagna la Roma era più che mai la Roma. E quel 24 luglio stava succedendo anche un’altra cosa sul pianeta Terra, a Roma, Fiumicino, vicino vicino al mare: tornava a casa proprio lui, un vecchio amico dell’infanzia, Paulo Roberto Falcão. Quando se ne era andato un mese e mezzo prima aveva appena vinto lo scudetto, dimostrato agli atei che lui c’è, a Beckett che Godot arriva dopo 41 anni, illudendo i bambini romanisti che la vita è soltanto felicità. Ritornava dalle Americhe perché il suo agente Cristoforo Colombo aveva trovato l’accordo con il presidente Viola: un miliardo e tre caravelle. Il nuovo mondo da scoprire si sarebbe chiamato Coppa dei Campioni e lo si cantava con una canzone da spiaggia dei Righeira: Coppa dei Campioni ohoh- oh. Falcão atterrava alle ore 15 e 12 di domenica 24 luglio 1983 con il Jet Alitalia numero 1755, a Fiumicino c’erano almeno un migliaio di persone (e uno striscione più grande degli altri: «Bentornato imperatore») come quando arrivò la prima volta. Come un altro esordio. Come se, dalle stelle, stesse per arrivare qualcuno per giocare la sua prima partita con la Roma a Como. Quel giorno Roma era unita e felice: il ritorno del Divino, l’acquisto ufficiale di Toninho Cerezo, le parole di Dino Viola, quelle di Nils Liedholm e Roberto Pruzzo, Antonello Venditti che cantava Grazie Roma ad Ostia Antica… Ma in quel momento al mondo c’erano due persone più felici di tutte le altre: Alberto e Michela che per la prima volta nella loro vita vedono quella di Daniele.
Da “Il Mare di Roma”, edito nel 2009 da Limina
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