(Il Romanista - M.Izzi) - Non è che la storia della Roma sia esattamente affollata di rapporti iniziati male tra un tecnico e un giocatore e poi proseguite brillantemente, eppure, cercando bene, i precedenti non mancano. A partire dal clamoroso caso che all’inizio della stagione ’34/35 piombò ad angosciare le giornate della Roma. Fulvio Bernardini piantò in asso la squadra e si ritirò a Siena dalla sorella non volendo più saperne di niente e di nessuno. Fuffo ha sempre dichiarato che dietro a quella reazione vi fossero solamente dei problemi legati al suo contratto. Sarà senz’altro così, ma a esasperare la situazione aveva forse contribuito anche il tecnico Barbesino, puntando su Stagnaro nel ruolo di centromediano. Fatto sta che con Fulvio in esilio la Roma iniziò il campionato con Stagnaro centromediano. La gara contro la Fiorentina si concluse sul 4- 1 per i viola. A questo punto scattò una mediazione (portata avanti addirittura da un tifoso laziale, un certo Rivolta, che era titolare di una grossa concessionaria della Lancia a Roma), che portò Fulvio a ritornare sui suoi passi. Rientrò a Roma il 7 ottobre, accettando di giocare senza contratto e pagando una multa di 500 lire per ogni giorno di assenza. Fatto sta che Stagnaro non giocò più una partita, Fulvio invece riprese in mano la Roma, portandola, sin dalla prima partita (uno squillante 4-0 col Brescia) a riprendersi dal catastrofico avvio.
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Da Bernardini ad Ancelotti quando il rapporto col mister vola dopo la lite
(Il Romanista – M.Izzi) – Non è che la storia della Roma sia esattamente affollata di rapporti iniziati male tra un tecnico e un giocatore e poi proseguite brillantemente, eppure, cercando bene, i precedenti non mancano.
Facciamo un salto veramente considerevole e andiamo alla stagione 1973/74. Francesco Peccenini, prodotto del vivaio, calciatore di grande generosità e attaccatissimo ai colori giallorossi, è titolare inamovibile. La Roma zoppica e alla sesta giornata, dopo una bruttissima sconfitta contro il Foggia, arrivano le dimissioni di Mister Scopigno. Al posto del “Filosofo”, ecco approdare nella piazza romana un tecnico che ne segnerà la storia e le fortune: Nils Liedholm. Il Barone continua a dare fiducia a Peccenini, ma dalla diciottesima giornata, quando si consuma la trasfertadi Milano, inizia a utilizzarlo con il contagocce. Da quella trasferta, sino alla trentesima giornata, Peccenini disputerà solo tre gare. Il difensore non solo non gioca, ma in un paio di occasioni non viene neanche convocato. Francesco, estremamente deluso, si reca dal suo allenatore per chiedergli spiegazioni. Liedholm risponde rassicurandolo: «Sei il più forte, in allenamento ti vedo già che stai iniziando a capire cosa voglio da te, vedrai che presto arriverà il tuo momento». Peccenini rientra nella gara contro il Novara, e da allora, come lui stesso ha ricordato: «Con Liedholm ho giocato anche con una gamba sola. Raffreddore, influenza … non mi ha più levato». Inutile dire che Peccenini considera Liedholm il più grande allenatore di sempre e reputa un privilegio e una fortuna aver avuto la possibilità di lavorare assieme a lui.
Siamo all’ultimo capitolo della nostra mini- saga. Anno 1984, alla Roma, concluso il ciclo Liedholm, approda un altro svedese, Sven Goran Eriksson. E’ un perfezionista, insegue i suoi giocatori con una lavagnetta con la quale mostra loro gli schemi che desidera veder applicare. Per lui le graduatorie costituite non esistono, Di Carlo sta a Bruno Conti, come Mastrantonio sta a Carlo Ancelotti. Il polo estremo di questa filosofia si vede subito. Carlo Ancelotti, giudicato fuori condizione, viene fatto accomodare in panchina, destino che riguarderà anche Bruno Conti. E’ lo stesso Ancelotti, nel suo libro “Preferisco la Coppa”, a raccontare come andarono le cose: «Mi sono trovato abbastanza bene (con Eriksson N.d. A.), anche se in quel periodo ho iniziato a capire cosa significasse andare in panchina. Avevo recuperato dall’infortunio, ma lui non mi faceva giocare, credeva molto in Desideri e Giannini, che venivano dal settore giovanile. Mi sentivo accantonato pensavo che non mi vedesse e ce l’avesse con me. Non era così, sono tornato titolare e l’anno dopo addirittura mi ha proposto come capitano (…) Io, capitano della Roma. Rappresentavo una squadra e tre quarti di città, perché, diciamolo, i laziali sono pochini (…)». Ancelotti diventerà uno dei più convinti sostenitori di Eriksson (“Veramente molto in gamba”) e del suo gioco. Anche per Zeman e De Rossi il tempo per approdare a questo traguardo non manca.
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