(Il Romanista - D.Galli) - Ventimila euro di multa. Quanto un’auto di media cilindrata. Quanto (quasi) la centesima parte dell’ingaggio di Klose. Tanto valgono in Italia gli insulti razzisti a un giocatore di colore. Anzi, pure meno.
rassegna stampa roma
Buu a Juan, Lazio impunita!
(Il Romanista – D.Galli) – Ventimila euro di multa. Quanto un’auto di media cilindrata. Quanto (quasi) la centesima parte dell’ingaggio di Klose. Tanto valgono in Italia gli insulti razzisti a un giocatore di colore. Anzi, pure meno.
Perché in quei ventimila euro che la Lazio dovrà pagare per i buu della Curva Nord a Juan sono compresi pure un paio di petardi. Niente squalifica del campo, come niente derby sospeso. Ventimila euro e passa la paura. Ma resta la vergogna. Lazio punita (si fa per dire) «per avere suoi sostenitori, nel corso della gara, indirizzato reiteratamente ad un calciatore della squadra avversaria grida e cori costituenti espressione di discriminazione razziale». C’è scritto così sul comunicato del giudice sportivo della Lega di A. Per Marcello Nicchi, presidente dell’Aia, capo dunque degli arbitri italiani, anche Bergonzi aveva le mani legate. «Il razzismo è una piaga, ma l’arbitro non ha la facoltà di fermare le partite. Soprattutto quelle di Serie A, con 80.000 persone sugli spalti. Diventa anche un problema di ordine pubblico». Chi potrebbe intervenire è proprio lui. Il responsabile dell’ordine pubblico. Lui sì che potrebbe decidere di sospendere l’incontro quando sente dei buu a un giocatore di colore. Collina, che adesso parla da designatore Uefa, ha condannato l’episodio. «L’Uefa - ha spiegato a "Gr Parlamento" - è molto attenta al problema del razzismo e, in generale, al problema del rispetto della diversità che vuole far rispettare attraverso le regole del gioco e le campagne di sensibilizzazione. L’Uefa è molto attenta nel punire episodi simili attraverso una procedura molto rigida nelle competizioni europee che arriva sino alla sospensione della partita dove questi comportamenti vengono messi in atto. Credo sia ora di bandire il razzismo, non dai campi di calcio, ma dalla civiltà umana, perché è un problema di civiltà, non del calcio». (...)
Sarebbe dovuto essere il giorno in cui la Nord non avrebbe dovuto cantare giallorosso ebreo. Come se fosse un’offesa, come se si trattasse di una macchia indelebile, come se etnia, razza o religione attribuissero qualità superiori. Roba da Mein Kampf, da negazionisti dell’ultima ora o forse da imbecilli della prima. L’Assemblea Capitolina e la Comunità Ebraica avevano convinto Roma e Lazio a scendere in campo apposta con un maglietta addosso: no al razzismo e all’antisemitismo. Alla presentazione dell’iniziativa, in Campidoglio, Simplicio aveva detto di non essere mai stato toccato dagli insulti razzisti. Ma ai suoi compagni sì. Adesso ne ha uno in più. È un po’ come per quei beceri pseudotifosi. Se prima c’era il sospetto che fossero qualche centinaia, ora c’è una certezza. Sono qualche migliaio in più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA