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Bergodi, il derby e quel gesto dell’ombrello

(Il Romanista – M.Izzi) Arriva Cristiano Bergodi e per il Mister giallorosso Zeman è il momento di cercare una piccola rivincita sportiva.

Redazione

(Il Romanista - M.Izzi) Arriva Cristiano Bergodi e per il Mister giallorosso Zeman è il momento di cercare una piccola rivincita sportiva. I due tecnici, infatti, hanno un precedente, essendosi incontrati nel campionato di serie B, nel settembre del 2011, quando sedevano, rispettivamente, sulle panchine del Modena e del Pescara.

Chi ha strabuzzato gli occhi (in modo fazioso) e si è strappato le vesti valutando il rigore assegnato domenica nel corso di Roma–Torino, dovrebbe fare l’esercizio di rivedersi quella partita assolutamente allucinante. Il Pescara cedette per 3-2 (con la rete decisiva dei canarini marcata al 90’), dopo aver subito due espulsioni: quella del portiere Anania e dello scatenato Insigne (autore di una rete e allontanato dal bis solo da un clamoroso incrocio dei pali). Soprattutto l’espulsione di Anania fu assolutamente tragicomica. Il portiere, in uscita, colpì la palla al limite dell’area con il petto e l’arbitro Viti estrasse dal cilindro un delirante cartellino rosso.

Ecco dunque concretizzarsi la vittoria di Bergodi, l’allievo che batte il maestro con l’aiuto della giornata nera del direttore di gara. Eh sì, perché Cristiano Bergodi è stato per due anni a disposizione di Zeman, nelle stagioni 1994-95, 1995-96. Per quanto riguarda la storia di Bergodi, dopo un paio di apparizioni senza né infamia né lode, entra prepotentemente nella leggenda per il derby del 6 ottobre 1991. Prima sfiora l’autogol che lo avrebbe consacrato Paolo Negro degli anni 90, poi, all’81’, l’allora difensore entra in una foto storica. E’ quella del colpo di testa di Rizzitelli che svetta proprio sull’ex gigante biancoceleste colpendo di testa per il gol del pareggio romanista.

L’altro episodio per cui si ricorda il Bergodi calciatore è quello legato alla stracittadina del 23 aprile 1995. Il tecnico del Pescara, dal suo punto di vista, ha così raccontato i fatti: «Era il novembre del ’94, noi eravamo partiti alla grande, arrivavamo al derby da grandi favoriti. Nelle settimana precedente un giornale romano aveva fatto un confronto, reparto per reparto, tra le due squadre. La Lazio ne era uscita con una superiorità agghiacciante, ma alla fine fu un modo per galvanizzare i giallorossi. Perdemmo 3-0 e loro si resero protagonisti di esultanze "poco simpatiche" nei confronti dei nostri tifosi. Al ritorno la situazione si era rovesciata. Noi eravamo in flessione, loro sembravano andare alla grande. Alla fine vincemmo noi due a zero e, ovviamente, cercammo di vendicarci anche sul piano verbale. Volarono parole grosse, soprattutto tra me e Giannini. Roba non proprio da "bon ton”».

Premesso che Giannini e Bergodi si sono chiariti da anni e che l’acqua passata sotto i ponti è veramente troppa per nutrire ancora acredine, tanto per un semplice spirito di curiosità dei più giovani andiamo a spiegare cosa accadde. Bergodi, sull’onda dell’entusiasmo per il 2- 0 dei suoi colori perse la testa e si lasciò andare al gesto dell’ombrello verso la tifoseria romanista. Giannini si fece sentire sul campo e nel dopopartita osservò: «Avrebbe dovuto avere il coraggio di farlo fuori dall’Olimpico, in faccia alla gente. La verità è che noi giocatori parliamo tanto e poi ecco gli esempi che diamo. E stata un cosa bruttissima. Davvero».

Ancora più esplicito fu Giovanni Cervone, ma lo ripetiamo, a distanza di anni, non vale proprio la pena di riaprire vecchie ferite. Certamente è indicativo un aspetto; Zeman, sempre attento al rispetto delle regole e dell’avversario, al termine di quel derby, vissuto sulla panchina della Lazio, non rilasciò nessuna dichiarazione, lo spettacolo offerto dai suoi, forse, gli aveva levato la voglia di commentare gli aspetti tecnici del match.