Sono stati identificati una quindicina di tifosi napoletani presenti sul luogo dell’uccisione di Ciro Esposito e del pestaggio di Daniele De Santis prima della finale di Coppa Italia. Secondo quanto trapela, le forze dell’ordine sono risalite a loro dai video successivi agli spari attribuiti all’ex ultrà romanista e da altri elementi. Capire quando e come questi 15 e gli altri che erano con loro siano entrati nella scena dell’aggressione ai bus e poi nel ferimento di «Gastone» può chiarire i tasselli mancanti alla completa ricostruzione dei fatti. Se abbiano cioè assistito agli spari e se siano responsabili dell’accoltellamento del 48enne di estrema destra.
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Tor di Quinto, 15 napoletani nei guai. I «non so, non ricordo» degli indagati
«Gastone» era già stato ferito, probabilmente a coltellate, prima degli spari che uccisero Esposito e ferirono due suoi amici. Secondo i legali Tommaso Politi e Miche D’Urso si trattò di legittima difesa.
Per ora ci sono tanti «non ricordo» nei racconti dei testimoni, alcuni dei quali ora sono indagati per rissa e porto abusivo d’armi, dopo la morte 21enne napoletano a Tor di Quinto. Punti oscuri e contraddizioni nelle versioni fornite dagli stessi tifosi che si trovavano a Roma con il giovane di Scampia ucciso da un colpo di pistola tornate d’attualità dopo gli ultimi sviluppi delle indagini. E che anzi sembrano contribuire ad avvalorare la ricostruzione fatta nei giorni scorsi dalla difesa di De Santis - arrestato per omicidio volontario -, confermata in parte dalla perizia dei carabinieri del Racis. «Gastone» era già stato ferito, probabilmente a coltellate, prima degli spari che uccisero Esposito e ferirono due suoi amici. Secondo i legali Tommaso Politi e Miche D’Urso si trattò di legittima difesa.
Un colpo di scena, a 10 giorni dall’incidente probatorio sui reperti, che potrebbe risultare decisivo e al quale si aggiunge l’appello dei familiari di Esposito: «A chi ha visto, ai suoi amici e compagni di tifoseria: fatevi avanti, testimoniate e raccontate la realtà dei fatti, solo così la memoria di Ciro non sarà violata e chi lo ha ucciso avrà la punizione che si merita». D’altra parte i primi interrogatori ai quali furono sottoposti, nel maggio scorso, sia Gennaro Fioretti sia Alfonso Esposito, i due tifosi feriti (entrambi sono indagati) non hanno chiarito nè dove si trovasse Ciro, nè dove fossero loro, nè con chi fossero arrivati in auto a Roma. Nè tantomeno - addirittura - quale fosse il modello di vettura e se avesse sparato De Santis. Un sfilza di «non lo so», di «non ricordo», sugli occupanti delle due auto di napoletani che si fermarono a Tor di Quinto e che sono intervenuti in aiuto degli altri tifosi sui pullman, presi di mira da De Santis con bombe carta e fumogeni. Emblematico un passaggio nel quale il gip Giacomo Ebner e il pm Eugenio Albamonte cercano inutilmente di capire come uno degli indagati sia arrivato alla partita: «Sono venuto con amici - disse il tifoso -, però non mi ricordo il loro cognome. Non ho il numero sul cellulare, non ci siamo contattati quella mattina, ci siamo incontrati giorni prima e ci siamo organizzati, ci incontriamo e andiamo a pesca assieme....».
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