rassegna stampa roma

Stadio Flaminio, il lungo addio

La lunga agonia dell'impianto dove giocarono per un periodo Roma e Lazio sembra non avere fine

Redazione

Mentre sabato pomeriggio la nazionale italiana di rugby giocherà contro gli All Blacks neozelandesi e l’Olimpico sarà pieno e vestito a festa per la sfida ai campioni del mondo, non molto lontano rimane il degrado dello stadio Flaminio, fino al 2011 «la casa del rugby» e ora un impianto fatiscente. Il terreno di gioco è pieno di erbacce mentre ci sono crepe e cedimenti sugli spalti e nei locali delle piscine. Come è possibile che un impianto pieno di storia sia mandato in rovina? E cosa si può fare per evitare il tracollo finale? Il Flaminio, di proprietà comunale, è vittima della guerra tra politica e sport a Roma. Dal 1997 al 2012 è stato oggetto di un protocollo tra Comune e Coni, che aveva continuato a pagare le utenze poi disdettate dalla Coni Servizi per la scadenza del protocollo. Nel febbraio 2014 venne firmata una convenzione tra Comune e Federcalcio con un accordo-ponte di un anno per studiare un piano di recupero dell’impianto. L'obiettivo dell'allora presidente Abete era quello di trasferirvi le nazionali giovanili e quella femminile, con il contemporaneo recupero degli uffici di alcune federazioni e la creazione di un museo delle opere dell’architetto Nervi. Ma un club di serie A non può ragionare su impianto inferiore ai 35mila- 40mila posti, circa il doppio di quelli del Flaminio. Chi sarebbe disposto a pagare 25 milioni per la ristrutturazione e 3 milioni per la gestione annuale? Michele Uva, direttore generale della Federcalcio spiega: «Un progetto deve essere sostenibile: non soltanto per la costruzione, ma soprattutto per la gestione. In Italia ci sono già impianti che sono diventati cattedrali nel deserto perché non si è pensato anche ai costi di gestione. Serve un piano gestionale post ristrutturazione. Per il Flaminio ci vorrebbe un intervento straordinario, perché così come è non è sostenibile». La candidatura olimpica per Roma 2024 avrebbe portato i soldi in anticipo ma la sindaca Raggi ha sbattuto la porta in faccia al comitato organizzatore e al presidente del Coni Malagò, per questo i rapporti politica-sport non sono mai stati peggiori. Ci sarebbe anche la legge sugli stadi, che permette costruzioni e ristrutturazioni «ammortizzabili» attraverso nuove cubature e sfruttamento di spazi commerciali ma può la stessa giunta combattere «il mattone» del progetto del nuovo stadio della Roma e accettarne un po’ per salvare il Flaminio? Intanto il tempo passa. Alemanno nel 2010 annunciò l'inizio dei lavori per farlo diventare la casa del rugby mentre l'anno successivo si sperò che l'Atletico Roma venisse promosso in Serie B ma poi perse lo spareggio con la Juve Stabia. Da allora è iniziato il lungo addio.

(L. Valdiserri)