Anche l’Empoli ha ritirato l’appoggio a Carlo Tavecchio: "In quanto le sue recenti e note dichiarazioni si allontanano molto dai nostri principi etici, sportivi e non", sta scritto sul sito del club toscano. I conti cominciano a essere pericolosi, almeno in teoria e sul piano squisitamente politico. Perché sui numeri non c’è proprio da discutere, il 50+1 al terzo scrutinio e il ballottaggio semplice al quarto blindano Tavecchio da qualsiasi assalto.
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Si sfila anche l’Empoli La serie A è dimezzata ma Tavecchio resiste
Dopo le polemiche dei giorni scorsi relative alle frasi infelici di Tavecchio anche l'Empoli gli toglie il suo appoggio
In principio furono Juve e Roma, poi la Fiorentina, la Samp, Sassuolo, Toro, Cagliari e pure il Cesena che non ha ancora risolto le proprie perplessità: in tutto (e per ora) quasi la metà dei club di A ha deciso di non perdonare l’inciampo sulle banane di Opti Pobà del capo dei Dilettanti e vicepresidente della Figc. nonostante i molti tentativi di far rientrare il caso. Ieri è stato il turno di Gigi Riva: "Una cosa è certa, Tavecchio non è razzista, anzi, è un buono. Quella era solo una battuta".
Detto che un appoggio ritirato a un candidato non significa necessariamente un voto in più all’altro, cioè Demetrio Albertini, nell’urna dell’11 agosto; e posto anche che una scheda bianca va inevitabilmente a fare il gioco del concorrente che ha numeri superiori (il 34% della Lega Dilettanti peserebbe ancora di più), la questione assume connotati morali che si riverberano sul piano pratico. Cioè: come potrà Tavecchio controllare l’onda mediatica dalla quale è stato travolto dopo la frase che ha fatto indignare il mondo? Come reagirebbero i tifosi negli stadi alla sua elezione considerato il putiferio sui social e le petizioni «NoTav» che spuntano come funghi? In che modo potrebbe presentarsi a fianco di Platini nel forum Uefa contro ogni tipo di discriminazione in programma a Roma per metà settembre? E che parole potrebbe usare il neopresidente Tavecchio per commentare il prossimo tweet provocatorio di Balotelli? Sono problemi reali.
E sono proprio questi che alimentano ancora la corsa di Albertini, unitamente alla riflessione politica su una serie A dimezzata (almeno mediaticamente) al voto e su un articolo (il n. 5 del Codice di Giustizia sportiva, "Dichiarazioni lesive": e se la frase fosse uscita dalla bocca di un calciatore?) che, in teoria, dovrebbe portare a Tavecchio almeno un cartellino, giallo o rosso che sia, in quanto vicepresidente federale in carica. "Siamo in rimonta", dice Damiano Tommasi, presidente Aic impegnato nei vari ritiri per spiegare la situazione ai giocatori. Più che altro, però, si spera in un passo indietro, nella conta dei voti non c’è gara. E Tavecchio non molla nonostante chi gli sta vicino spesso lo inviti a riflettere. E se pure nel corso delle ultime settimane ha barcollato, c’è stato subito chi (Lotito e Galliani, per esempio) si è dato da fare per rimetterlo in asse. Perché è vero, ci sono evidenti problemi di comunicazione che un buon programma e l’attitudine al fare non compensano del tutto; e c’è pure qualche equilibrio da ritrovare (strategica è l’assemblea delle società di Legapro, domani, durante la quale Tavecchio e Albertini potrebbero tornare a confronto mentre Macalli incassa lo scranno da vice che il suo 17% gli mette su un piatto d’argento). Però di fatto la vittoria è apparecchiata. Tanto da indurre gli avversari a iniziare la fase degli accordi nel Consiglio federale di venerdì. Ora il punto è la proporzione: a quella sono legate le riforme chieste dal presidente del Coni Malagò, la vera chiave per far ripartire il calcio.
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