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Sguardi, lacrime, tensioni: la sofferenza dei genitori tifosi

Gli occhi dei papà e delle mamme degli atleti seguono traiettorie che altri non capiscono. Sono i tifosi speciali, che vedono sempre un'altra partita. E il risultato finale non è scritto sul tabellone dello stadio

Redazione

I loro occhi seguono traiettorie che altri non capiscono, incollati a quelle dei loro figli. Sono gli occhi dei papà e delle mamme degli atleti, ed è sempre come se fosse la prima volta, scrive Carlo Baroni su "Il Corriere della Sera". Occhi come quelli di Luigi Florenzi, il papà di Alessandro, che ha avuto un malore quando il figlio ha sbagliato un rigore domenica scorsa contro la Samp. E non era solo per il gol mancato. Quelli dei genitori sono cuori nella tormenta. Sono i tifosi speciali, che vedono sempre un'altra partita. E il risultato finale non è scritto sul tabellone dello stadio. La loro pagella è diversa da quella dei giornalisti, per prendere un bel voto basta finire la partita. I figli crescono più equilibrati se i genitori sono presenti, eppure ci sono campioni che li implorano di restare a casa quando giocano. Ci sono i genitori-padroni che magari finiscono in un libro di successo, come il papà di Agassi. Quelli che ci sono passati prima, come il caso dei Maldini. O il papà di Hamsik che si tatua il volto del figlio. C'è l'orgoglio e la nostalgia. Ma a "tradirli" sono sempre e solo gli occhi.