Tutto è deciso. Lunedì 11 agosto Carlo Tavecchio, 71 anni, alla guida della Lega Dilettanti dal 1999, sarà eletto presidente della Federcalcio e raccoglierà l’eredità di Giancarlo Abete, che si è dimesso il 24 giugno, dopo l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale brasiliano (0-1 con l’Uruguay).
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La serie A copia la B. Albertini scaricato via libera a Tavecchio
Le 18 società di serie A su 20 hanno sottoscritto un documento di appoggio a Tavecchio, con le eccezioni di Juve e Roma.
I dubbi su Tavecchio for president, che già erano pochi, sono spariti ieri a Milano, quando 18 società di serie A su 20 hanno sottoscritto un documento di appoggio a Tavecchio, con le eccezioni di Juve e Roma.
Demetrio Albertini, che era stato spinto a scendere in campo da uomini di apparato e da quella che in altri ambiti si definirebbe la «società civile» e aveva raccolto l’invito lunedì scorso, è stato abbandonato al proprio destino a tempo di record.
Decisiva è risultata la mossa del presidente della Lega di B, Andrea Abodi, che aveva annunciato di puntare su Tavecchio già martedì, con una mossa da politico consumato, spinto dalla base e anche dall’ipotesi di diventare presidente della Figc a partire dal 2016. Fondamentale è stato l’intervento in assemblea del presidente della Lazio, Claudio Lotito (eletto consigliere federale, insieme con Gino Pozzo), che in tre minuti ha attaccato Albertini (in sintesi: è stato in Figc per otto anni come vice-presidente e che cosa ha combinato?). Albertini ha commentato: «È stata una giornata molto intensa, il pallone resta la mia passione». In queste ore valuterà se confermare la propria candidatura o se fare un passo indietro. Non lo faranno Assocalciatori e Assoallenatori, che presenteranno comunque un candidato: Albertini, se accetta o il presidente dell’Aic, Damiano Tommasi.
Vista la situazione, i club di A hanno accettato l’idea di Tavecchio presidente, preparando un programma impegnato. Andrea Agnelli, che ha sintetizzato i punti salienti in un documento, ha spiegato: «Su questi obiettivi la convergenza è totale. Se riusciremo a realizzare in un anno e mezzo la metà di quello che è scritto nel documento dovremo essere molto soddisfatti». Agnelli si era sfilato per tempo dall’ipotesi di essere designato consigliere federale: «Avendo detto che ritenevo Tavecchio inadeguato, non avrei mai potuto entrare in un Consiglio da lui guidato». Fra i punti qualificanti del documento (approvato all’unanimità), c’è il ritorno della A a 18 squadre e della B a 20, ma il vero problema sarà trovare un’intesa su promozioni e retrocessioni. Quanto a stranieri e vivai, si vedrà: i buoni propositi vengono recitati da anni. Ha detto De Laurentiis: «Non si tratta tanto di rinnovare, quanto di avere una visione di quello che dovrebbe essere il calcio italiano fra dieci anni».
Agnelli (eletto in Consiglio di Lega insieme con Angelomario Moratti, Cognigni, Campedelli e Zamparini) ha espresso il desiderio di arrivare alle primarie per scegliere i candidati alla presidenza («non più una soluzione dall’alto in basso, ma dal basso in alto») e Tavecchio si presenta oggi a Roma avendo l’appoggio delle quattro Leghe (in linea teorica vale il 68%), con una maggioranza che gli consentirà di formare una squadra forte e coesa, tenendo conto che per statuto non può scegliere i vice-presidenti (devono essere votati dai consiglieri), contrariamente a quanto è stato scritto con riferimento a Macalli e Lotito. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, dopo aver incontrato i candidati, ha riassunto: «È necessario concentrarsi sui programmi per il bene dello sport e del calcio italiano, in una competizione rivolta alle cose da fare». Che sono tante, ma che non spaventano Tavecchio. Era il vicario di Abete. Non proprio la rivoluzione della quale si parla dal 24 giugno, quando il calcio italiano aveva scoperto di essere tutto da rifare.
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