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L’ultimo trofeo 12 anni fa, Rosella Sensi: “Con me potevamo vincere ancora”

LaPresse

Il 24 maggio 2008 arriva la Coppa Italia. Poi più niente: "A De Rossi auguro di diventare l'allenatore della Roma. Totti? Che brutto restare fuori da Trigoria"

Redazione

"Sei minuti di recupero diede l’arbitro Morganti. Sei. Altro che defibrillatore, rischiammo le coronarie…". Non ha bisogno di scavare troppo a fondo nella sua memoria, Rosella Sensi, presidente della Roma dal 2008 al 2011, per ricordare la finale di Coppa Italia vinta dalla Roma contro l’Inter 12 anni fa: era il 24 maggio 2008, da quel giorno la Roma non ha più alzato un trofeo.

"Mentre parliamo - dice con la voce rotta dall’emozione a Gianluca Piacentini in un'intervista sul "Corriere della Sera" - mi vengono i brividi. Non solo per i ricordi, ma per la fortuna di averli vissuti quei momenti: da tifosa, pur ricoprendo un ruolo importante".

Fu una serata magica.

La prima Coppa Italia giocata in gara unica all’Olimpico, contro l’Inter che in quegli anni era la nostra antagonista principale. Dopo la partita portai il trofeo a papà, che era rimasto a casa. Fu speciale trovare i tifosi lì sotto, che esultavano e gioivano. Lui era emozionato mentre cantavamo l’inno della Roma.

Se le avessero detto che la Roma non avrebbe più vinto per tutto questo tempo?

Non ci avrei creduto, ero sicura che avremmo gioito di nuovo. Sotto la mia presidenza potevamo vincere ancora, diciamo che mancano un paio di scudetti. Quello del 2010 con in panchina Ranieri, grande allenatore e grande romanista, è ancora oggi un gran dolore, lo avremmo meritato. Pur senza grandi risorse economiche, siamo sempre stati lì, lottando a testa alta.

Immaginava che un giorno Francesco Totti sarebbe stato fuori dalla Roma?

Lo scorso anno, quando ha dato l’addio alla società, è stato davvero triste. L’ho incontrato e ho visto che non stava bene, è doloroso andare via da un amore grande come la Roma. Per uno come lui rimanere fuori da Trigoria è brutto, perché quella è casa dei tifosi. Ora però lo vedo meglio, mi diverte seguirlo sui social: è un timido che sa essere espansivo.

Cosa augura a Daniele De Rossi?

Di diventare, un giorno, l’allenatore della Roma. È il suo destino e ha le qualità per farlo. La sua romanità può essere solo un valore aggiunto.

Ci parli di Luciano Spalletti.

La sua era una Roma divertente, e che si divertiva. La cavalcata delle undici vittorie consecutive fu indimenticabile.