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La Roma senza paura. Lucho: «Gara speciale»

(Corriere della Sera – G.Piacentini) – «Famoje male». È questo, sotto forma di striscione esposto fuori da Trigoria, l’auspicio dei tifosi giallorossi per il derby.

Redazione

(Corriere della Sera - G.Piacentini) - «Famoje male». È questo, sotto forma di striscione esposto fuori da Trigoria, l'auspicio dei tifosi giallorossi per il derby.

Un pensiero che, lo ha ammesso lui stesso, in questa settimana così ricca di polemiche ha occupato anche la mente di Luis Enrique, consapevole che oggi pomeriggio contro la Lazio si gioca non solo l'ultima possibilità di rientrare in corsa per il terzo posto ma anche quell'ultima fetta di credibilità che gli è rimasta agli occhi dei sostenitori romanisti. «La paura — sono le sue parole in conferenza stampa — non deve esistere, anche se a volte c'è, come nella vita.[...]

Il tecnico spagnolo ha capito che il derby rappresenta forse l'ultimo crocevia della stagione romanista e che, se dovesse arrivare un'altra sconfitta, la parola fallimento potrà essere pronunciata con largo anticipo rispetto al termine del campionato. «Non è la partita più importante della mia carriera, anche se può essere una svolta importante perché giochiamo contro un avversario diretto. Mancano tredici partite alla fine del campionato, il terzo posto è ancora possibile ma possiamo arrivare anche settimi». Che il derby non sia una gara come le altre, il tecnico spagnolo non lo scoprirà di certo oggi pomeriggio entrando all'Olimpico. «Dal primo giorno che sono arrivato so che il derby è speciale e che non si gioca solo per i tre punti. L'importanza di questa partita ci dà la forza per fare bene e il vantaggio può arrivare dai nostri tifosi, che possono fare la differenza».

Rispetto a Bergamo, la differenza la faranno anche la presenza di Totti (a secco dalla gara contro il Cesena del 21 gennaio) e De Rossi. Lucho è tornato sulle polemiche che hanno accompagnato l'esclusione del centrocampista, arrivato in ritardo alla riunione tecnica prima della partita con l'Atalanta: «Quando sono arrivato a Roma ho detto alla squadra quello che volevo, in campo e fuori, e tutti lo hanno accettato. Ci sono poche regole ed è importante che tutti sappiano quello che devono fare. Io parlo con la squadra ma non vuole dire che siamo d'accordo su tutto perché io sono l'allenatore e loro i giocatori. I calciatori pensano prima a loro e poi al gruppo, gli allenatori prima alla squadra e poi a sé stessi. È normale. Se sbaglio lo faccio con la coerenza che mi danno le mie idee. Per tanti sono dettagli stupidi, per me no».[...]