(corriere.it/salute) Cosa fa sì che un campione come Lionel Messi faccia su un campo da calcio cose che alla quasi totalità degli umani sembrano precluse?
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Il segreto di Messi è nel cervello
(corriere.it/salute) Cosa fa sì che un campione come Lionel Messi faccia su un campo da calcio cose che alla quasi totalità degli umani sembrano precluse?
E che i grandi attaccanti, i predoni da area di rigore, si trovino sempre al posto giusto nel momento giusto pronti a spingere la palla dentro la rete? Di certo non sono solo le abilità fisiche. E nemmeno soltanto l’esperienza e gli insegnamenti degli allenatori. Il segreto, secondo uno studio pubblicato su PLoS ONE, potrebbe essere invece un accentuato sviluppo di alcune capacità mentali che rientrano sotto il nome di funzioni esecutive. «Un buon giocatore deve avere spiccate attenzione spaziale e attenzione divisa (cioè la capacità di prestare attenzione a più cose contemporaneamente), eccellenti memoria operativa e capacità di interpretare i comportamenti altrui. Dovrebbe essere inoltre in grado di adattarsi velocemente, cambiare strategie e inibire le risposte (per evitare di essere ripetitivo). Molte di queste abilità rientrano sotto l’etichetta di "intelligenza di gioco". In neuropsicologia ci si riferisce a esse come funzioni esecutive», spiegano i ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma che hanno condotto la ricerca.
LO STUDIO - Il team ha misurato tutte queste abilità in un gruppo di giocatori professionisti della serie A e B svedese e in un campione rappresentativo della popolazione generale. I risultati sono stati inequivocabili: gli atleti presentano funzioni esecutive più sviluppate rispetto ai comuni mortali. Non solo: gli atleti di serie A hanno mediamente punteggi migliori di quelli di serie B, benché non ci sia nessuna differenza nell’età o nel livello di istruzione. E, come se non bastasse, i calciatori con funzioni esecutive più sviluppate hanno maggiori probabilità di segnare gol o fornire assist nei campionati successivi.
IL SEGRETO DEL TALENTO - Insomma, potrebbe essere questa la spiegazione della differenza tra i grandi campioni e i giocatori mediocri. Per esempio, quei giocatori di cui si dice che «hanno gli occhi dietro la schiena» per la capacità di servire un compagno di squadra senza neanche vederlo, potrebbero essere debitori per questa abilità a una sviluppatissima memoria operativa, che li rende capaci di analizzare i comportamenti passati e, sulla base di queste informazioni, prevedere le azioni future e decidere di conseguenza. Ma questa è solo una parte delle abilità che rientrano nelle funzioni esecutive e che hanno come denominatore comune la capacità di esaminare una sterminata quantità di informazioni, elaborarle in chiave probabilistica e portare a una decisione che si adatti alla situazione del momento. Il tutto, in una microscopica frazione di tempo.
ADDIO CUORE - «Lo studio non risponde alla domanda se le differenze nelle funzioni esecutive derivino dalla pratica o dalla genetica», spiegano gli autori. Quel che è certo è che si sviluppano piuttosto precocemente: dall’infanzia ai 18-20 anni. Per questa ragione propongono ai talent scout un nuovo modo per selezionare i giovani calciatori che farà inorridire quanti hanno una visione romantica dello sport. «Gli investimenti nei calciatori sono un business molto rischioso in cui non c’è alcuno strumento per fare previsioni», spiegano. «Il nostro studio suggerisce che la selezione delle future stelle del calcio dovrebbe includere non soltanto la valutazione delle capacità fisiche, del controllo di palla o di quanto bene gioca a calcio in questo momento». Occorrerebbe aggiungere, concludono, «le misurazioni delle funzioni esecutive con test neuropsicologici validati che possono stabilire se un giocatore ha le capacità di raggiungere i più alti livelli». E pensare che un tempo un giocatore lo si giudicava «dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia».
Antonino Michienzi
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