Se il suo amico/nemico Edin Dzeko, scrive Paola Di Caro sul Corriere della Sera, avesse detto che in fondo se la sentiva di giocare la partita contro il Sassuolo? Se al posto di una valanga di fischi lo stadio Olimpico gli avesse concesso un applauso? Se lo sgambetto fosse stato appena più leggero e l’arbitro avesse cambiato idea sul calcio di rigore guardando la Var?
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I “se” di Patrik, il ragazzo delle sliding doors
L’ultimo granello della clessidra, più del talento e della voglia, a volte decide le vite
Se quella palla da lui dolcemente accarezzata di sinistro in rete per il 2-0, un minuto prima, da lui colpita goffamente, per un solo millimetro più in là si fosse trasformata nel più crudele degli autogol? Se nella corsa solitaria e vincente verso Consigli gli fosse tornato in mente quell’attimo di un anno fa, quando invece, di fronte a Szczesny, imboccò la strada sbagliata al bivio tra la gloria e la derisione? Se tutto fosse andato al contrario di come è andata stavolta, come sarebbe finita la sua carriera?
L’ultimo granello della clessidra, più del talento e della voglia, a volte decide le vite. A volte a decidere è il caso. E se fosse il caso di tenerselo stretto e di credere in Patrik Schick?
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