(Il Corriere della Sera - R. Frignani) –Daniele De Santis non ha agito da solo. Ne sono convinti in Questura — e anche in procura —, dove il capo della Digos Diego Parente precisa: «Che fosse solo o in compagnia l’unico ad aver agito, ad aver sparato e lanciato ordigni è stato lui». Una convinzione che per il momento, in attesa dei risultati della prova dello stub, è tutta concentrata sull’ultrà giallorosso, custode dei campi di calcetto in un’area abusiva a Tor di Quinto, nota alle forze dell’ordine come luogo di ritrovo delle frange estreme del tifo romano, «campo di addestramento» di teppisti nel lancio di bombe carta e punto strategico — già segnalato — sui percorsi seguiti dai torpedoni dei tifosi ospiti per raggiungere l’Olimpico.
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I petardi, la fuga e gli spari: il romanista non era solo
(Il Corriere della Sera – R. Frignani) – Daniele De Santis non ha agito da solo. Ne sono convinti in Questura — e anche in procura —, dove il capo della Digos Diego Parente precisa: «Che fosse solo o in compagnia l’unico ad aver...
Da lì — anche secondo le testimonianze di alcuni napoletani — sabato pomeriggio non è sbucato solo De Santis. C’erano almeno altri tre, forse quattro, giovani con i caschi, che hanno tirato petardi contro gli ultrà azzurri in marcia su viale di Tor di Quinto dopo aver lasciato auto e pullman nelle zone previste dal piano di sicurezza della Questura. A loro — ma per alcuni testimoni erano molti di più, si parla di decine — danno la caccia le forze dell’ordine.
In un video, che un tifoso azzurro ha consegnato alla polizia (non sarebbe l’unico), c’è De Santis che provoca i tifosi partenopei con petardi e fumogeni e, alla loro reazione, fugge di nuovo verso il circolo dal quale si sentono provenire quattro colpi di pistola. De Santis (erroneamente confuso nella foto pubblicata ieri con Stefano Carriero per i fatti all’Olimpico del 2004) sarebbe scivolato e poi, ormai circondato dai napoletani armati di spranghe, avrebbe aperto il fuoco fino a quando l’arma — una Beretta 7.65 con matricola abrasa — si è inceppata. Secondo Parente — che ieri ha fatto il punto della situazione con il questore Mazza e il comandante provinciale dei carabinieri Salvatore Luongo — il suo gesto «ha avuto una dinamica semplice e folle: ha fatto tutto da solo, un vero e proprio atto di sfida ai tifosi napoletani».
L’ipotesi di un commando di ultrà giallorossi in azione prima della finale di Coppa Italia è però tutt’altro che irreale. Fra i primi a soccorrere De Santis, steso a terra sanguinante dopo essere stato pestato dai napoletani di fronte a un vivaio vicino ai campi di calcetto, c’era anche una dipendente della discoteca Ciak — nella stessa area — che ha preso la pistola, l’ha messa in un vaso e poi l’ha consegnata alla polizia. «Daniele gridava “mi vogliono ammazzare!” — racconta —. Con la pompa dell’acqua ho cercato di cacciare quelli che lo picchiavano, gli ho tamponato le ferite con gli stracci ma i napoletani continuavano ad arrivare, pensavo fosse morto». Da quel momento si è scatenato l’inferno: i napoletani hanno pensato che a sparare fosse stato un poliziotto e hanno aggredito gli agenti che li scortavano. In due, della Mobile, sono rimasti feriti seriamente. Massacrato di botte anche un passante. In un punto che, secondo più di un investigatore, forse andava controllato meglio
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