Massimo Ghini, attore romano e noto tifoso romanista, è perplesso sull’archiviazione dei volti dei tifosi: «Spero possa seguire una discussione politica e sociale, perché andando avanti così, in nome dell’ordine pubblico si finisce per non poter uscire più di casa. E per vedere le curve vuote. Non ho ancora sufficienti elementi per prendere una posizione netta, ma l’impressione è che nei confronti degli stadi ci sia ormai un accanimento terapeutico. In Inghilterra, quando si è deciso di metter fine alle violenze degli hooligans, la questione è stata presto risolta stabilendo pene durissime, una volta identificati i responsabili, e soprattutto certe, reali. Se l’indicazione è “tu allo stadio non entri più”, viene rispettata per sempre. Possiamo riuscirci anche noi, tenendo conto però che in Italia, dove mi pare ci siano maggiori margini di sicurezza, il problema ha aspetti diversi, ad esempio le connivenze fra tifoserie e società». L'attore conclude così la sua intervista pubblicata questa mattina sulle pagine de "Il Corriere della Sera": «Nel clima di allarme legato al terrorismo internazionale, tutto è giusto e giustificato. Però una partita di calcio è una partita di calcio. Io che allo stadio andavo, e vado, quando il lavoro me lo consente, vivo la fede calcistica come un modo per mantenere vivo il fanciullino che è dentro di noi. Non si spiega altrimenti l’entusiasmo per quei ragazzi che si sfidano in mutande».
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Ghini: «Sono perplesso, si rischiano le curve vuote»
"Spero possa seguire una discussione politica e sociale, perché andando avanti così, in nome dell’ordine pubblico si finisce per non poter uscire più di casa. E per vedere le curve vuote"
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