Esami in attesa di risposta (l’avranno forse a settembre), quattro ultrà romanisti ufficialmente ancora senza nome.Versioni contraddittorie e, in parte, ritenute non attendibili, di chi il 3 maggio scorso si trovava a Tor di Quinto accanto a Ciro Esposito. Sono i dubbi di un’indagine che si annuncia lunga e complessa, nella quale si sono inserite ieri le dichiarazioni alla Digos dei genitori e di altri parenti del tifoso azzurro ucciso a colpi di pistola. La vittima avrebbe riconosciuto in una foto in De Santis il «chiattone» che gli aveva sparato.
rassegna stampa roma
Dallo stub ai testimoni, i dubbi dell’inchiesta
Versioni contraddittorie e, in parte, ritenute non attendibili, di chi il 3 maggio scorso si trovava a Tor di Quinto accanto a Ciro Esposito.
Gli inquirenti - i pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio, coordinati dall’aggiunto Giancarlo Capaldo - speravano di poter ascoltare Ciro, con l’autorizzazione dei medici, ma non hanno fatto in tempo. E adesso - sotto il profilo investigativo - del trentenne di Scampia restano solo quelle dichiarazioni che, secondo i familiari, avrebbe reso nei momenti di lucidità sul letto della terapia intensiva del Policlinico Gemelli, ma che in sede di processo hanno un peso ancora da valutare: solo indizi o prova attendibile?
Un passo avanti potrebbe arrivare dall’autopsia che sarà svolta stamattina: il proiettile mortale non è stato ancora estratto dal corpo di Esposito e sarà questa l’occasione per esaminarne la compatibilità con l’arma, la traiettoria e gli effetti avuti: non è escluso che la sua fabbricazione artigianale, anche nelle sostanze che lo componevano, abbiano aggravato le infezioni che hanno portato Ciro alla morte. Fin dal giorno successivo al suo ferimento, e a quello degli altri due tifosi napoletani, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, il questore Massimo Maria Mazza disse con fermezza, in conferenza stampa che il romanista De Santis aveva «agito da solo».
Il gesto di un folle, secondo gli investigatori, forse spalleggiato da altri (fatto poi confermato da alcuni testimoni), anche se a sparare - per la procura e la polizia - era stato proprio De Santis. Con il passare dei giorni, tuttavia, la situazione si è complicata. A cominciare dallo stub risultato negativo - positivo in due punti su tre - sulla mano destra di De Santis, mentre ancora non ci sono le risposte a quello sulla sinistra e sugli indumenti indossati dal 48enne di Monteverde.
C’è poi la figura del testimone chiave, Raffaele Puzone, anche lui tifoso napoletano, ritenuto «molto attendibile», che però nell’interrogatorio subito dopo il ferimento di Ciro, alla domanda se fosse in grado di riconoscere De Santis come la persona che aveva sparato, rispose: «Poiché i momenti erano molto concitati credo di non essere in grado di poter riconoscere la persona che ha sparato se dovessi rivederla in foto o di persona». E che nel secondo interrogatorio, davanti al gip Giacomo Ebner, ha in parte modificato la versione sui suoi spostamenti e la posizione in cui si trovava al momento degli spari.
Ci sarebbero poi altri tre ultrà azzurri: per parlarci la polizia li ha dovuti identificare con le foto segnaletiche e così li ha rintracciati a casa, a Napoli. E le testimonianze degli altri due feriti, oltre a Ciro, sono anch’esse contraddittorie. Fra molti «non ricordo» e molte incertezze su nomi, luoghi, amicizie. Inoltre non ci sono tracce, per il momento, della cinquantina di ultrà azzurri che sono intervenuti per inseguire De Santis e gli altri romanisti dopo che questi ultimi avevano assalito i pullman con i napoletani dei club organizzati. Le impronte e le tracce di dna sulla pistola Benelli potrebbero invece chiarire quante mani l’hanno impugnata o afferrata. Esposito e gli altri due testimoni sono stati indagati per rissa, con l’ipotesi di aver contribuito a picchiare De Santis, anche colpendolo al capo col calcio della stessa arma. Né, come detto, ci sono tracce dei quattro aggressori che erano con il romanista, fuggiti - quando hanno capito che la partita con i napoletano era persa o anche dopo gli spari - e spariti da un buco nella recinzione che circonda l’area dei campi di calcetto nel complesso polifunzionale e abusivo di Tor di Quinto.
Ma la morte di Esposito e il nuovo presunto riconoscimento dell’ultrà che lo ha ucciso potrebbe anche cambiare la strategia dei legali di De Santis, Tommaso Politi e Michele D’Urso che hanno sempre tenuto un profilo bassissimo per provare a calmare le acque attorno al loro assistito. Mai hanno fatto ricorso al Riesame per la scarcerazione, né hanno chiesto di farlo deporre. Quel giorno potrebbe ora avvicinarsi. Un testimone racconta di aver visto De Santis fino a mezz’ora prima degli scontri ordinare la cena al bar vicino al circolo dove lavorava, sedersi a mangiare un panino e una birra nell’attesa di ritirarla. Quella sera aveva ospiti. Sentiti i petardi si alzò - con il panino e la bottiglia in mano - per andare verso il cancello di Tor di Quinto. «Annàmo un po’ a vedè che sta succedendo», disse. Era solo e non tornò più indietro.
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