rassegna stampa roma

Curve vuote e vecchi temi

L’idea che le curve fossero ormai un territorio sottoposto alle «regole» delle frange estreme del tifo ultrà e non alle leggi dello Stato, non era più tollerabile

Redazione

"Un derby quasi per pochi intimi, con il record negativo di spettatori e le due curve semideserte, prive della presenza del tifo ultrà e dunque di quel «coté» folcloristico che spesso (ma sempre di meno negli ultimi dieci-quindici anni) ha saputo connotare anche in maniera originale e fortemente sarcastica l’attesa della partita. Questo ancora ci mancava, tra i tanti che negli anni abbiamo mandato nell’archivio della memoria" scrive Giuseppe Toti nell'editoriale di prima pagina nella Cronaca di Roma de Il Corriere della Sera.

"Un derby « anomalo», secondo il pensiero del popolo calcistico, di cui molto si è discusso un po’ in ogni sede, soprattutto negli ultimi giorni, anche in seguito alle interviste televisive e alle dichiarazioni pubbliche del prefetto Franco Gabrielli. E così, ottantasei anni dopo la prima sfida della storia tra Roma e Lazio, ci troviamo a registrare questa novità assoluta, che pure non ci sorprende troppo e – riteniamo – non sarà nemmeno l’ultima.

Il punto essenziale da cui purtroppo si deve partire è che il pugno di ferro, a cui ha fatto riferimento lo stesso Gabrielli qualche giorno fa, era diventato indispensabile. L’idea che le curve fossero ormai un territorio sottoposto alle «regole» delle frange estreme del tifo ultrà e non alle leggi dello Stato, non era più tollerabile. L’intervento delle istituzioni va semmai considerato troppo tardivo, non certo eccessivo.

Il provvedimento di dividere a metà le due curve dell’Olimpico con un corridoio controllato dagli steward (da qui la protesta degli ultrà, romanisti e laziali) sa di palliativo, di soluzione superficiale e poco sensata. Esattamente come gli altri applicati nel passato.

Non sono queste le scelte in grado di ridurre drasticamente i confini del fenomeno violento, di circoscriverlo in modo davvero significativo e profondo. Da decenni ripetiamo le stesse cose. Perché la verità è che fino a quando lo Stato non taglierà alla radice i rapporti ambigui o, peggio, di sottomissione, tra gruppi ultrà e club; fino a quando non deciderà di colpire uno per uno tutti i responsabili mettendoli nella condizione di non nuocere, noi continueremo a galleggiare nell’ipocrisia girando intorno al problema.