rassegna stampa roma

Cori anti-Napoli, curve chiuse ma non subito

(Corriere della Sera – F.Monti) In linea con quanto deciso dal Consiglio federale di mercoledì 16 ottobre, che aveva revisionato le pene sulla discriminazione territoriale, sulla spinta di quanto richiesto dalla Lega, il giudice...

Redazione

(Corriere della Sera - F.Monti) In linea con quanto deciso dal Consiglio federale di mercoledì 16 ottobre, che aveva revisionato le pene sulla discriminazione territoriale, sulla spinta di quanto richiesto dalla Lega, il giudice sportivo,Gianpaolo Tosel, ha fatto esordire in serie A la «sospensiva » della pena, che poi sarebbe la condizionale per questo genere di «reati».

Il comunicato, arrivato ai tempi supplementari (ore 18.30), segno del grande lavoro e della difficoltà di interpretazione delle norme da parte di Tosel, ha puntigliosamente elencato tutti i cori uditi (con tanto di orario incorporato) dagli uomini della Procura federale e ha specificato persino il numero di coloro che li cantavano:«Circa 500 quelli dell’Inter e 50 quelli del Torino in curva Primavera». Nel caso della Roma, è stato chiarito che i cori anti-napoletani, provenienti sia dalla Sud sia dalla Nord, erano cominciati «alle 19.20, quasi un’ora e mezzo prima dell’inizio della partita» ed erano stati dodici, otto dalla Nord e quattro dalla Sud.

Il risultato finale è che Tosel ha disposto la chiusura delle curve del Milan, dell’Inter, del Torino e delle due dell’Olimpico di Roma, quando giocano i giallorossi, per cori di discriminazione territoriale. Ma la pena risulta sospesa per un anno, con l’avvertenza che, in caso di recidiva, la sospensione verrà revocata e la sanzione si aggiungerà a quella deliberata per la nuova violazione. Il semplice coro «noi non siamo napoletani», senza altre aggiunte, intonato dai tifosi dell’Udinese al 25’ del primo tempo nella partita contro il Milan, non ha provocato punizioni anche nei confronti del club friulano.

Per Milan, Inter e Roma c’è anche una multa di 50 mila euro, così come per la Juve (e per la Roma), ma per lancio di oggetti in campo e in altro settore dello stadio. Si tratta di aspettare una settimana, poi, visto il clima generale assai poco rassicurante, le quattro curve verranno chiuse, perché, se non si verificherà un cambio di strategia, i cori continueranno, anzi, forse si intensificheranno, e già alla prima occasione cadrà la sospensione della pena. Sarebbe bastato essere presenti all’Olimpico di Torino, durante la partita con l’Inter, per rendersi conto che esiste la precisa volontà di andare allo scontro con le istituzioni calcistiche. Non si spiegano altrimenti i cori dei tifosi interisti non solo contro Napoli, ma anche contro Milano («in fiamme »), contro se stessi e con l’aggiunta della richiesta di sospendere la partita, dopo ogni intervento dell’altoparlante dello stadio. Il giudice ha segnalato anche la presenza di uno striscione a Torino con la scritta «discriminazione territoriale/ legge da...».

E dopo i puntini, ha precisato il comunicato, «era raffigurata la testa di un maiale». Il vicepresidente e a.d. del Milan, Adriano Galliani, in attesa di riuscire a segmentare la curva rossonera (non si può fare tutto in un giorno, con in mezzo anche la Champions League), ha colto la gravità del momento: «Quello che sta succedendo, non era mai capitato e non va bene. Non va bene, non va bene e non va bene. Serve un ripensamento, perché siamo in presenza di una situazione di eccezionale gravità. Esistono gruppetti che hanno deciso di mettersi contro il sistema calcio, per tanti motivi, a cominciare dalla tessera del tifoso e cantano deliberatamente questi cori. Il calcio reagisce punendo le società, che subiscono questa situazione. Per questo occorre una risposta politica da parte della federazione. Stiamo facendo il gioco del “nemico”; se vengono chiuse le curve, chi ne provoca la chiusura è felice. Non possono bastare le decisioni del giudice sportivo, che si limita ad applicare le norme».

Da dove ripartire? Per esempio dal fatto che questi cori hanno origini del tutte estranee alla discriminazione territoriale. Il caso resta aperto. Ma questo tipo di episodi riapre il dibattito sulla responsabilità oggettiva, che continua a essere la pietra angolare dell’ordinamento sportivo.