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Il Corriere della Sera

Ciccio Cordova, 80 anni di nostalgia: “La Roma è stata la mia vita”

Ciccio Cordova, 80 anni di nostalgia: “La Roma è stata la mia vita” - immagine 1
L'ex capitano giallorosso: "Andai alla Lazio per colpa di Anzalone. Oggi non lo rifarei"
Redazione

La sua immagine del profilo su Whatsapp è una torta giallorossa, una maglia della Roma con il numero 10 e sopra scritto "Auguri Francesco". Francesco, detto "Ciccio", è Cordova, 80 anni compiuti venerdì scorso, 285 presenze e 19 gol nelle 9 stagioni (dal 1967 al 1976) in giallorosso, di cui è stato capitano e bandiera. Poi l’addio, doloroso per lui e per i tifosi, e il passaggio clamoroso alla Lazio. "Non fu colpa mia - ci tiene a sottolineare intervistato da Gianluca Piacentini su Il Corriere della Sera  - ma dell’allora presidente Gaetano Anzalone".

Partiamo da qui, allora: perché andò alla Lazio? "Oggi sarebbe più normale, al mio tempo fece scalpore. Io però non c’entro, la colpa fu di Anzalone, che mi mandò via sapendo che io per motivi personali non potevo allontanarmi da Roma, e dimenticando che ebbi un ruolo importante nella stagione 1974-75 in cui arrivammo al terzo posto. Non avevamo un bel rapporto, anche perché ero il genero del suo predecessore Alvaro Marchini, e lui questa cosa non la sopportava".

Lo rifarebbe? "No, perché quella scelta mi ha pregiudicato una serie di iniziative in cui io non sono previsto perché accettai, appunto, la Lazio. Io sono stato il capitano della Roma per sei anni, ma questo non mi viene riconosciuto perché pensano che sia laziale. Ma quale laziale… Allora Di Bartolomei che ha giocato col Milan non era romanista? E il mio amico Picchio De Sisti era della Fiorentina? Mi è dispiaciuto quando all’Olimpico la curva ha ricordato i capitani della Roma e io non c’ero".

I tifosi della Roma però non sono cambiati. "Quando giocavo io c’erano sempre settantamila persone allo stadio, anche se la Roma non era una grande squadra. Negli ultimi tempi questa passione si è riaccesa anche grazie a Mourinho, ma il tifoso giallorosso c’è sempre stato, io incontro ancora persone che andavano allo stadio quando giocavo io e ancora ci vanno. La Roma viene prima di tutto, la cosa che mi dispiace è che non riusciranno ad avere uno stadio di proprietà. In tutto il mondo ci sono stadi moderni e confortevoli per i tifosi, non capisco perché a Roma non si riesca a fare. Ci sono troppi interessi".

Ha citato Mourinho: le piaceva lo Special One? "Come allenatore poteva essere discutibile, nel senso che tutti possono essere criticati e possono non piacere. Lui però ha portato la Roma a un livello superiore, come squadra, come società, come testa. Ha migliorato la Roma, ha fatto fare un salto di qualità vincendo la Conference e disputando la finale di Europa League. Poi, gli allenatori sono bravi se vincono e meno bravi se perdono. Il suo problema è che ha vinto ovunque, e quindi in tutte le squadre che allena si pretendono i successi".

Che cosa pensa di De Rossi? "Sulla panchina della Roma ci sono passati in tanti, mi sembra normale che ora ci sia uno come Daniele che ha dimostrato, anche in tempi brevi ,di meritarsela".

Come valuta la rosa attuale? "Dybala è indiscutibile, quando c’è, fa la differenza. Speriamo che nella prossima stagione sia di più in campo. In rosa, secondo me, ci sono altri giocatori importanti, come Mancini, Cristante e in parte anche Pellegrini. Sono loro l’asse portante della squadra, infatti giocano sempre con qualunque allenatore, anche in Nazionale".

Cosa pensa dei Friedkin e delle proprietà straniere nel calcio italiano? "Se non hai i soldi non puoi competere nel calcio di oggi. La figura del presidente proprietario è destinata a sparire, ne sono rimaste poche. Ma se vuoi competere ad alti livelli devi appartenere ad una multinazionale: la persona fisica non può reggere, a meno che non sia uno sceicco".