Fabio Capello, ex tecnico della Roma, è stato intervistato da Agresti e De Carolis su Il Corriere della Sera ed ha parlato dei manichini appesi di fronte al Colosseo. Queste le sue parole:
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Capello: “Mettere il cappio ai pupazzi non è un semplice scherzo. Le società non minimizzino”
L'ex tecnico giallorosso: "In Spagna si divertono alla partita, ci vanno tranquilli, con un panino in mano; da noi si va allo stadio solo per offendere. In Inghilterra applaudono la loro squadra quando retrocede"
Fabio Capello, lei è un allenatore pluridecorato e oggi commentatore di Fox Sport, ha visto cosa hanno fatto a Roma? Manichini con le maglie giallorosse impiccati davanti al Colosseo…
Dieci giorni fa ero al Bernabeu, lo stadio del Real Madrid. Messi ha segnato il gol della vittoria del Barcellona all’ultimo minuto, si è tolto la maglietta, ha esultato davanti a tutti e il pubblico è rimasto in silenzio: ha rispettato un grande. Questa è educazione sportiva, non la nostra.
Non è la prima volta che si oppone agli ultrà…
Ho sempre detto che c’è chi fa il tifoso di mestiere: non è normale, è una sottocultura. Poi commettono gesti esecrabili come quello di Roma: dov’è lo sport in certi episodi?.
La Lazio l’ha definita sana goliardia…
Sì, goliardia: ciao… La goliardia è provocazione, appartiene agli artisti. Come Maurizio Cattelan quando appese i bambini all’albero in un parco di Milano. Scoppiò la polemica, ma era un modo per provocare, arte. Che facciamo ora definiamo gli ultrà artisti?.
Cos’è che non va? Manca la cultura, l’educazione?
Si fa un gran parlare poi viene fuori il caso Muntari e c’è chi lo giustifica dicendo che solo l’1% dei tifosi ha fatto cori razzisti. Ci mettiamo a discutere sulle percentuali e perdiamo di vista il problema.
Lei ha vissuto Roma da calciatore e da allenatore: era così ai suoi tempi?
Non scherziamo. Roma era il massimo dell’allegria, della simpatia. C’erano battute meravigliose, sfottò che ti facevano ridere come da nessun’altra parte. Era uno spasso vivere il derby in tribuna. Ormai si è persa la gioia dello sport, non ce n’è traccia.
Come se ne esce?
Bisognerebbe far rispettare le regole, ma c’è troppo lassismo. La soluzione la trovi chi ha il timone del calcio.
Prima ha citato la Spagna: lì è diverso il clima?
Profondamente. Loro si divertono alla partita, ci vanno tranquilli, con un panino in mano; da noi si va allo stadio solo per offendere. In Inghilterra applaudono la loro squadra quando retrocede, perché riconoscono ai giocatori l’impegno, l’applicazione: da noi quando succede? In Italia ho visto solo i tifosi del Frosinone applaudire la squadra nonostante la retrocessione.
I giocatori non prendono mai posizione, hanno troppo timore? C’è ipocrisia nei loro comportamenti?
I calciatori sono quelli che sbagliando buttano la palla fuori quando un avversario prende una minima botta in campo. E che quando vincono vanno a festeggiare sotto la curva, la stessa curva che non accetta la sconfitta e pretende che si tolgano la maglia. Perché vanno sempre e solo dagli ultrà a ricambiare gli applausi? Rimangano al centro del campo e si rivolgano a tutti, non solo alla curva, perché tutti sono partecipi dell’evento.
Qualcuno si espone. Buffon ha condannato con fermezza i teppisti che hanno infangato il nome del Grande Torino con scritte offensive…
Quelli non sono tifosi, offendono il passato, la storia, la memoria. Sono solo beceri senza rispetto, valori, anima.
Le società sono vittime o colpevoli?
È arrivato il momento di esporsi, anche per loro. Non si può continuare a giustificare, inventarsi parole e aggettivi per attenuare anziché condannare in modo fermo certi episodi.
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