Anche se ora si definisce «pensionato ma non rassegnato» e si occupa del frutteto in campagna, a suo modo è stato potente. Quando l’uragano di Calciopoli l’ha spazzato via era vicepresidente della Federcalcio. Come Giancarlo Abete (vicario). Sopra di lui soltanto Franco Carraro, il megapresidente.
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Calciopoli, Mazzini: “Difendevo Lotito perchè era un neofita e temeva fregature”
Dopo otto interminabili stagioni di silenzio, condannato alla radiazione dalla giustizia sportiva e a due anni da quella ordinaria, ha deciso di uscire dal cono d’ombra in cui si era mimetizzato.
Innocenzo Mazzini, classe ’45, medico, ha lavorato tutta una vita come oncologo («Sono stato uno degli imbecilli che ha creduto alla riforma Mariotti e per questo ho fatto il tempo pieno in ospedale, senza commercializzare niente»). Il calcio per lui «è stato un diversivo perché lo sport è il contrappasso del dolore». Il calcio però è stato anche il capolinea delle sue ambizioni. Dopo otto interminabili stagioni di silenzio, condannato alla radiazione dalla giustizia sportiva e a due anni da quella ordinaria, Mazzini ha deciso di uscire dal cono d’ombra in cui si era mimetizzato.
Dottor Mazzini qual è il suo parere su Calciopoli? «Si è trattato di una vicenda amplificata in maniera abnorme. Se andiamo al sodo restano due sentenze della magistratura italiana secondo cui il campionato 2004-2005 è stato regolare. Tutto il can can che è stato fatto ha portato alla luce anomalie del sistema ma operazioni vere e proprie di alterazione di risultati sportivi non ne sono emerse. E questo dopo che la giustizia sportiva mi ha radiato con uno zelo e una determinazione degni di miglior causa».
Sarebbe a dire? «La mia radiazione è frutto di due processi, un fatto irrituale. Non era mai successo. Non è stato tenuto in alcun conto il mio background: quarant’anni di volontariato nello sport, da presidente di una società dilettantistica toscana a presidente del Comitato Regionale Toscano della Lega Dilettanti, a presidente del Settore Giovanile».
Poi è iniziata la sua scalata al vertice calcistico. «Nel 2000 sono diventato vicepresidente federale con Abete. Avevo due deleghe: 1) lotta al doping e in questo ambito ho introdotto i controlli incrociati sangue-urine; 2) il Club Italia, di cui sono stato responsabile operativo per tutte le nazionali dal 2001 al 2006 ottenendo ottimi risultati, a cominciare dalla vittoria mondiale del 2006».
Lei però in Germania non c’era. «Mi sono dimesso una settimana prima della partenza, subito dopo lo scoppio di Calciopoli, ma i ragazzi mi hanno fatto avere una maglia con tutte le loro firme. Poi ricordo il bronzo olimpico nel 2004, l’Europeo Under 21 nello stesso anno e quello Under 19 nel 2003. Tutto azzerato, quasi fossi un delinquente abituale. Un radiato è come un appestato».
Ma alla fine, tornando a Calciopoli, giustizia è stata fatta? «Si è trattato di giustizia sommaria.È mancato solo il plotone di esecuzione. Saint Just era un ragazzo in confronto a questi, era un garantista. C’era necessità di un capro espiatorio e io ero l’ideale perché non ho mai fatto parte né di potentati né di lobby. Io vengo dal mondo dei peones».
Però per lei, come per Moggi e Giraudo, la giustizia ordinaria l’ha condannata per associazione a delinquere. «A Napoli mi hanno condannato tra le altre cose perché sarei stato in possesso di schede telefoniche straniere. Balle. Se c’è infatti una cosa emersa chiaramente dal dibattimento è che io non ho mai posseduto schede straniere, per cui sono sconcertato e allibito».
È vero che ha dato una mano alla Fiorentina? «Dicono che l’abbia aiutata a salvarsi quando invece mi sono adoperato perché avesse lo stesso trattamento degli avversari. Il mio motto è sempre stato: aiutare tutti e favorire nessuno. Sono una persona perbene».
Perché difendeva anche la Roma? «Veramente mi hanno accusato di avere favorito la Lazio solo perché avevo avuto un contatto con Lotito attraverso il giudice Ferri. Lotito era un neofita e temeva fregature. Si era incontrato anche con Carraro, che lo aveva rassicurato. Poi Carraro ne ha parlato con me e con Bergamo».
Però lei è stato radiato e Carraro alla fine ne è uscito alla grande. «Nel calcio è difficile che non si venga a sapere tutto. Però sono contento per Carraro, ma anche per Abete, se è riuscito a risultare estraneo a qualsiasi atto scorretto. Ovviamente sono altrettanto dispiaciuto per come sono stato trattato io».
Giusto, Abete: oggi presidente federale… «È un vecchio democristiano, abilissimo a dribblare le situazioni pericolose».
Nelle sue parole c’è una sorta di cristiana rassegnazione... «Se dico che Carraro e Abete sono colpevoli, questi mi querelano».
Secondo Moratti il processo di Napoli «ha smascherato i colpevoli». «Sono dichiarazioni di parte e lasciano il tempo che trovano. La risposta l’ha data Palazzi, il capo della procura federale, contestando anche all’Inter l’illecito sportivo senza poter intervenire per sopravvenuta prescrizione».
E Lucianone Moggi? «Moggi vinceva perché era il più bravo e il più furbo. Riusciva a mettere in piedi squadre forti senza chiedere soldi alla proprietà. Però a un certo punto si è sentito troppo potente».
Potesse tornare indietro? «Rimarrei a fare il presidente del settore giovanile. I giovani sono l’unica via per uscire dalla decadenza tecnica ed economica del nostro calcio».
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