Fatece largo che arriva lui, Claudio Amendola. Ha 60 anni. La sua vita si riassume nel sorriso, che fa scivolare le cose: spensierato, sincero, schietto, piacione, spavaldo, un po' menefreghista e strafottente. Ha scritto un libro per Sperling & Kupfer, "Ma non dovevate anda' a Londra", in cui racconta un pezzo della sua vita, dagli 11 ai 32 anni, scrive Valerio Cappelli su Il Corriere della Sera. Con tono divertito e tragicomico, racchiude quei vent'anni nella passione politica e in particolare nell'adorazione per il comunismo (illusioni comprese) da parte di sua madre, Rita Savagnone, la regina delle doppiatrici, che lo portò in viaggio nei Paesi dell'Est. L'attore, in occasione dell'uscita del suo libro, ha risposto a qualche domanda sulla sua fede romanista:
Il Corriere della Sera
Amendola: “L’esonero di De Rossi è uno dei motivi per cui detesto il calcio di oggi”
Il calcio, altra sua passione. "Mi piaceva il calcio come sfottò e goliardia, negli Anni 80 allo stadio si andava con le damigiane di vino e le teglie di pasta, oggi non mi diverte più, a volte mi imbarazza vedere ragazzi così giovani che accedono subito a una ricchezza eccessiva. Nel '90 feci Ultrà, divenne iconico ma mi creò vari problemi con la curva, fino allora avevo un legame forte col tifo organizzato. Fui attaccato dai romanisti".
Cosa pensa del licenziamento di De Rossi? "E' la chiusura del cerchio per cui detesto il calcio di oggi. I padroni sono stranieri che ti comprano come una rosetta e ti fanno diventare un filone di pane, senza metterci gli ingredienti giusti. Sono disinnamorato, non della Roma ma del calcio, che appartiene alle piattaforme. Oggi del Manchester City contano più i tifosi che ha in Asia di quelli inglesi".
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