(Il Tempo - A.Serafini) Quindici anni passati al fianco della Roma, di cui nove da responsabile sanitario della prima squadra.
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Brozzi: «Il problema è la testa»
(Il Tempo – A.Serafini) Quindici anni passati al fianco della Roma, di cui nove da responsabile sanitario della prima squadra.
Da Mazzone a Zeman passando per Capello e Spalletti, Mario Brozzi analizza, ora da spettatore esterno, il cambiamento e l'aumento degli infortuni a cui è sempre più soggetto il calcio moderno. «La prevenzione psicologica - spiega il medico - è la base da cui deve partire ogni calciatore professionista». Che significa? «Gli impegni sono aumentati, così come i carichi di lavoro. Ho sempre pensato che si potessero sviluppare nuove metodologie». Quali? «Utilizzare la testa prima che le gambe». Pensa che i tanti infortuni capitati nella Roma dall'arrivo di Zeman siano un caso? «Se vuoi vincere nel calcio ti devi allenare, ma devi farlo bene. Condurre una vita da atleta è fondamentale». Lei ha avuto la possibilità di lavorare con il boemo. «Sì anche se in quel periodo ero il secondo di Alicicco. Zeman è un uomo straordinario e un grande professionista.
Nasce come preparatore atletico e mi fiderei della sua esperienza». Le è mai capitato di avere diversità di vedute con un allenatore? «Certo, spesso ti guardavano in modo particolare quando gli dicevi che un calciatore era stanco, poi lo mandavano in campo. L'atleta va gestito a 360°». Come? «La sintonia tra la squadra, staff tecnico e staff medico, deve essere totale». A Roma in particolare? «Capello diceva sempre che qui è più facile gestire una sconfitta che una vittoria. Ma Zeman è bravo, lui sfrutta passione ed entusiasmo». Lo stesso di Totti? «Francesco si vede che sta bene da come sorride. Ha una voglia di vincere e una cattiveria imbarazzanti». È sorpreso da tutto questo? «No, per niente. Mazzone aveva cuore, Spalletti la grinta, Capello la perfezione. Totti è un mix perfetto di tutto».
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